giovedì 2 marzo 2017

Una vita fa

Non so esattamente quando sia successo, ma mi sono fermata per un attimo e mi sono resa conto di trovarmi in negozio di antiquariato, che è probabilmente la mia vita, con in mano una cartolina del 1990, spedita da New York a Londra.. Antiquariato! Ancora penso al 2000 come se fosse cinque anni fa, e invece sono diciassette. La cartolina è indirizzata a Katie Williams e se questa donna è ancora viva potrei prendere un bus ed andare ad Islington, sarebbero forse venti minuti da casa mia. Le chiederei probabilmente se lei e Sam sono ancora insieme e mi piacerebbe sapere perché lui ha quell'opinione così impermeabile degli americani. Anche se... dopo quasi tre anni a Londra ho imparato ad apprezzare gli inglesi, a capire come non siano affatto superficiali, come invece siano incredibilmente permeabili, aggettivo scelto non a caso penserete, piove sempre. Piove sempre davvero e io ho usato l'ombrello solo due volte e non perché ce l'avevo io.

Ho sempre creduto che le persone intorno a me cercassero di evadere, di fuggire dai problemi in un certo senso, ma in realtà hanno una profonda comprensione del mondo che li circonda. Sbagliano anche loro e hanno le loro crisi isteriche, sono tristi, ma le personalità più forti hanno trovato il modo di incanalare quell'energia in un sorriso autentico. In Italia si direbbe "si ride per non piangere". Forse. 
E mi ascoltano, non tutti, ma le persone che considero amiche mi ascoltano, mi guardano negli occhi e probabilmente poi finiscono per dire qualcosa di divertente, non per sdrammatizzare, ma per rimettere tutto in equilibrio. Gli inglesi, per lo meno con me, lo fanno in maniera molto rispettosa, solo adesso capisco la famosa ironia di questo paese e mi piace e sento di esserne parte. In realtà non piove sempre, ma più volte in una giornata, fino a quando non ci fai più caso, non ti dà più fastidio, non ti ferma, fa parte della tua quotidianità. Ti adatti emotivamente. Ed è piuttosto buffo per me, insolito, perché esattamente due anni e mezzo fa mi è stato detto che non mi so adattare. E a dire il vero non ho mai voluto adattarmi, credevo fosse un modo per rinunciare a me stessa, invece non mi sono mai sentita più completa di così. 

Ma la donna che mi scriveva lettere, o meglio, che scriveva con me un diario di bordo, non c'è più e mai tornerà, adesso lo so e quasi non fa più male. Quante bugie dico a me stessa. Certo che fa ancora male, mi strazia a volte, cresce dentro di me questo peso e non so cosa farmene, mi paralizza, ancora non lo so gestire; quello che so è che un giorno ci riuscirò.
Ho diverse cartoline di auguri, alcune intense, altre di circostanza, ho anche un paio di lettere, nessuna scritta di loro iniziativa... sono sempre io a fare il primo passo.
Mi piace condividere le mie idee e le mie emozioni sul Web, ma quanto di me rimarrà qua sopra, quanti di questi numeri che sembrano lettere si imprimeranno nell'universo tangibile? Tutto può essere cancellato con un click. Non una lettera, non il diario, ci vuole un atto di volontà, un pensiero più profondo. 
Ho avuto due corrispondenze importanti nella mia vita e sono entrambe a casa di mia madre ora. La prima risale ad anni e anni fa, dio mio, sono le lettere del mio professore di letteratura, chissà se ha ancora le mie. Tenevamo un vero e proprio epistolario, fa paura a dirlo ma sono cose di altri tempi. L'altro scambio di monologhi lunghissimi sono le email che mi scrivevo con Aleksis, quando avevamo diciassette anni o meno, non ricordo, e lui scriveva come un uomo di quaranta. Ho stampato ogni singola lettera e sono in una cartella rosa opaco, sono bellissime. Chissà se lui si ricorda di me. Io non ho più nemmeno quell'indirizzo email.

Comunque mi piace l'Inghilterra, è un paese incredibile e le persone sono incredibili appena cominci a capirle, appena cominciano a capire te. Pensavo fosse un luogo speciale Londra, ma facendomi qualche giro ho scoperto che sparse per tutta l'isola ci sono individui che non aspettano che viaggiare attraverso gli alieni come me. Una volta ho intervistato Christoph Rehage e ha detto che se non puoi permetterti di viaggiare il mondo puoi invitare gli stranieri in casa tua ed è un po' la stessa cosa. Adesso gli credo.

Ed eccomi qui, a rileggere le pagine del mio diario, a guardarmi indietro, a cercare di ricordarmi gli odori di tutte le persone che ho incrociato e per la prima volta non sono tediata dalla nostalgia, semplicemente non vedo l'ora di vedere cosa succederà di qui a poco, di chi conoscerò ancora, di come trasformerò me stessa e la mia vita. Ma più di ogni altra cosa, non sto nella pelle perché presto riceverò anche io la mia prima cartolina qui a Londra, arriverà dall'altra parte del mondo, da una persona che la sceglierà per me, si dovrà sedere e scegliere le parole per me e soltanto per me. Ed è una persona conosciuta in questa città. Per me tutto questo è incredibile e spero che se ne renda conto.

Tra dieci anni aprirò un cassetto e mi vedrò davanti la scrittura di qualcuno che ha deciso di dedicare il suo tempo a questo atto di memoria, o forse qualcuno in un negozio di antiquariato si domanderà chi era questa Nina nel 2017 a Londra e chi era questo uomo che scriveva cose divertenti ma non troppo in India. Non è forse così che si scrivono le storie individuali?