martedì 29 luglio 2014

La compagnia è un concetto relativo

Realizzo sempre di più, sempre più col passare del tempo cosa intendesse A.A. con la sua inspiegabile gelosia proattiva, ma a postumi. Non so spiegarlo. Mi amava davvero, immagino, a tal punto da conoscere ogni mia sfumatura, nonostante mi stessi ancora formando, nonostante fossi grezza e con le idee molto confuse. Ha saputo riconoscere il diamante sotto a quei lineamenti indistinti. Si prendeva cura di me e io non capivo perché, lo so ora. So da cosa cercasse di proteggermi, ma credo che il mio tuffo fosse comunque inevitabile e se anche avessi saputo di tutte le peripezie a cui la vita mi avrebbe sottoposto, penso che le cose sarebbero comunque andate come sono andate. Non so se sia giusto, nessuno sa cosa sia la cosa giusta, perché è sfuggente, è plasmabile nel tempo e con le idee e se dio vuole queste non si fermano mai.

Per il resto... sono stata calpestata, non perché lo abbia permesso, ma perché semplicemente non ho lasciato fiorire quello che sono. Adesso non ho più paura e quando pronuncio questa frase nella mia mente mi ricarico di un'energia tutta nuova, vibra attraverso le vene e la pelle diventa calda... forse è per questo che negli ultimi giorni la mia temperatura supera la norma e io non sto nella pelle, ho tante cose da fare, da creare, da incanalare. Sento questo formicolio nelle mani e non è semplice ispirazione, non è uno stimolo esterno che ho bisogno di catturare, è amore puro e viene da dentro ed è attratto dalle cose interessanti, mi sento calamitata verso le persone giuste e non ho paura di allontanare chi non è in grado di reggere l'impatto. Non appassirò mai più. C'è un momento nella vita di un essere umano in cui non appassisce, si piega al vento e si gira verso il sole. 

In concreto le sensazioni sono semplici. È un po' come quando Nicco mi guarda dall'altra parte del tavolo e sa esattamente a cosa penso, ma non si pronuncia. Io lo percepisco solo leggermente, so che è lì, so anche io a cosa pensa e va bene così.
Le forzature, il buonismo, le richieste di attenzioni, le offese, la presunzione e l'ironia inflazionata sono per me un incubo. Quante, quante volte è meglio il silenzio? Ascoltare, assorbire le storie degli altri e cercare il granello di verità in quelle parole, a volte trovarlo, a volte no, ma non demordere, perché la vita non è affatto male e le persone nemmeno, solo a volte vanno perdonate se tirano fuori il peggio e a volte la causa potremmo essere noi.


Le persone non ascoltano. Niccolò sì. Fino alla fine. Rispetta le mie pause, ascolta cos'ha da dire tutto il mio corpo, ogni mio gesto e riesce a guardarmi negli occhi a lungo. Quando sono con lui sento che valgo, sento di poter dare il 100%, so di essere tutto quello che sono. Si immerge completamente nelle mie storie prima di dire la sua e a volte nemmeno si esprime con frasi non richieste, perché ecco cosa vi dico... non sempre quando una persona finisce di parlare bisogna per forza dire qualcosa. Sono stanca, stanca, stanca di quelli che aspettano il loro turno per parlare. Per questo non piaccio a nessuno, per questo non frequento compagnie, per questo sto in silenzio, per questo devo essere conosciuta a parte, perché io voglio il vostro tempo, perché me lo merito, come voi vi meritate il mio e io ho tutte le intenzioni di dedicare ogni minuto della mia giornata a una persona sola, perché è l'unico modo di lasciar fluire l'essenza dell'essere umano che reputiamo interessante. Uno, nessuno, centomila. E quando si è più di due le varie personalità e sfaccettature di un'unica persona vanno in conflitto di fronte agli altri, quindi probabilmente quello che vedete non solo è limitato, ma probabilmente persino sbagliato. Meglio vedere un lato solo, quello che viene fuori solo di fronte a me, ma che sia autentico. E poi... persino il carattere pende da una parte all'altra a seconda di quanto è pieno il letto del fiume, se piove, se c'è il sole, se vi è stato versato il vino nuovo nel bicchiere vecchio non ancora vuoto.

Sono felice che qualcuno là fuori faccia la differenza, che non dica "Nina è fatta così", ma che stia al mio fianco proprio perché sono fatta così! 
E poi finalmente se è sì è sì, se è no è no, se non mi va non mi va e se sono felice posso non aver paura di mostrarlo. Non ne posso più di persone che smorzano le mie risate incontrollate o mi guardano storto se ho un momento di follia, come se loro non l'avessero mai avuto.
Sono molto di più di quello che le persone si aspettano e non ho paura di essere sopravvalutata, non più, perché sono in salita e non posso mollare ora, le aspettative dei miei genitori, degli amici, degli sconosciuti non mi fanno più paura. Niente mi fa più paura.
O forse una cosa c'è, e sono le persone che si soffermano in superficie, qualsiasi cosa facciano, chiunque conoscano. A volte sono difficili da riconoscere, sotto a quello strato di ipocrisia e confusione. Non sono facile e mai lo sarò. Ci sono tante cose facili nella vita, tipo far bollire l'acqua per la pasta, io non sono tra quelle, perché sono un essere umano, perché sono una donna e ho tante cose alle spalle, non tutte positive, ma tutte mi hanno portato a una crescita, a un mondo interiore sconfinato e ci tengo da starci male, non avrebbe senso farci entrare il primo che capita, uno di quelli da compagnia, un amico di tutti, una persona povera dentro.

C'è una sola persona che può distruggermi... e sono io. E non ho più paura di me.






sabato 5 luglio 2014

L'ultima volta

A volte ripenso all'orto di mia nonna. Era enorme, non esisteva verdura che mancasse in quella terra sempre umidiccia, sempre amata. Altre volte mi ricordo del suo giardino in cui i fiori e i frutti crescevano quasi spontaneamente, non ricordo di aver mai visto mia nonna dedicarcisi più di tanto. Le piante crescevano al suo pensiero. Ho sempre pensato che mia nonna fosse una strega.
Una volta ho scoperto un piccolo melo, avrà avuto la mia altezza all'epoca, penso di aver avuto sette anni... non so quanto possa aiutare come rapporto per misurare l'albero. Aveva delle piccole mele verdi, tantissime, incredibile. Ne avevo mangiata una, ancora oggi mi è rimasta la passione per le cose aspre. Mia nonna in qualche modo se n'era accorta, forse le contava ogni giorno, forse gliel'avevano raccontato le rondini.

Ricordo quando una mattina ha trovato un cagnolino nero morto sul carbone accatastato fuori dal cancello. L'ha urtato con la pala con cui raccoglieva il carbone... e lui si è mosso e non è mai più morto. È ancora vivo! Me l'ha raccontato mia madre che è andata a trovarlo dicembre scorso. L'ha accarezzato, l'ha guardato e ha riconosciuto i suoi occhi e ha cominciato a piangere e il cane le ha fatto un sacco di feste. Come fa a ricordarla ancora? E chissà se si ricorda di me, delle nostre corse nei campi, io e il mio piccolo lupo nero. Sarà vecchissimo e forse ora che sa che non ci vedremo mai più, si accontenterà di aver rivisto mia madre. E morirà. Come tutti, prima o poi. Avrei preferito non saperne niente. Adesso mi logoro. Mi manca. 

Sento l'odore di fieno, di fragole, di cetrioli freschi e di riso bianco appena cotto. Sono cose che non mi abbandoneranno, anche se non ho più una terra in cui tornare. Non è la mia città, non è il Canyon con le mie amate concavità scavate dallo stesso vento... è la terra, quella che puoi toccare, quella di cui ti vuoi sporcare. Non ho più una casa in campagna in cui tornare e mi sento morire dentro e penso che forse non avremmo mai dovuto venderla e sarebbe stato meglio lasciare che la nonna morisse in quella casa, circondata dai suoi animali, dalla sua terra, dalle sue magiche piante... Invece che in un comodo e caldo appartamento in un'altra città... e la solitudine. 

Cosa darei... cosa darei per camminare su quel sentiero ancora una volta. Non ci voglio mai pensare, ma forse è arrivato il momento di ammettere a me stessa che non mangerò mai più una cosa cucinata da mia nonna e non rivedrò mai più il mio cane nero e forse quel piccolo melo è morto abbattuto come qualsiasi altra cosa. Non ricordo l'ultima volta di tutte queste cose.

Ho imparato tanto in quel posto, tra la gente autentica. La più importante è quella di guardare le persone negli occhi. Mi ricordo Kiril, era un ragazzo molto più grande di me e spesso teneva compagnia a noi bambini, ci costruiva le case sugli alberi, circondava la panchina su cui stavamo con dei muri di cartone e ci guardava da fuori, si vedevano i suoi capelli biondi e i suoi occhi verdi. Una volta li vidi sorridere e proprio in quell'istante la luce era entrata nell'iride, sono immagini che non si scordano, sono le cose che adesso cerco di fotografare, sono le cose che apprezzo negli uomini.
Guardarsi negli occhi mentre si raccontano storie, a meno che non si è sdraiati a guardare le stelle, è fondamentale, altrimenti si sballa tutto, le tempistiche non tornano e non c'è modo di entrare insieme in un mondo parallelo. Come fai a dire esattamente ciò che provi usando solo le parole? Come fai a definire le sfumature delle tue idee essendo solo descrittivo? Non puoi.

E io mi ricordo tutti gli occhi delle persone che mi hanno colpito. So definirne ogni venatura, ogni taglio, colore, tonalità che fluiscono al cambiare della luce. Tutto. Gli occhi sono come i luoghi che visito per ricordarmi che l'eternità esiste, perché tutto cambia, il corpo decade, gli occhi no... Ti guarderanno in quel modo fino alla fine.

Quando è stata l'ultima volta che qualcuno mi ha guardato negli occhi? Che ci ha visto qualcosa, che ha saputo attribuire i miei modi di guardare ai miei gesti...? Le persone non guardano cosa c'è dentro, ma solo attraverso, in cerca di uno specchio.
E quando è stata l'ultima volta che avete realizzato di aver fatto una cosa per l'ultima volta? Come chiudere una porta... e non tornarvi mai più.