venerdì 30 maggio 2014

La noia

Tante cose mi danno fastidio, ma mai quanto un uomo che per portare a letto una donna deve per forza spararle cazzate. Una volta Tea ha scritto "ma avete mai pensato che magari la donna vuole la stessa cosa?". Cioè non impegnarsi, farsi delle sane scopate, con tutto l'affetto che ne può seguire, e non farsi venire il sangue amaro per un uomo che più di quello non può valere.

Non è mai divertente attribuire valori e idealizzare qualcuno solo perché si dimostra per quello che non è o per come non potrà mai essere. Com'era quella faccenda dei nodi che vengono al pettine? 


Mi da fastidio perdere la stima per una persona, mi da noia a livello molto intimo e molto egoistico, perché forse ancora non mi permetto errori di valutazione. Dovrei accettare il fatto che certe cose non dipendono da me, che io sono corretta, sono chiara, so esattamente dove andare. Non è colpa mia se le persone non sanno cosa vogliono e perché si mischiano tra loro.

Mi da fastidio quando vengo invitata in un posto per essere abbandonata. Non sopporto quando le persone parlano una lingua che non conosco in mia presenza. Come quando si sussurrano le cose. Non ho mai pensato qualcuno potesse parlare male di me, mi sento solo tagliata fuori, penso alle mille altre cose che potrei fare in quel momento.
Mi ricordo di Victoria e Jean, che mi portavano con loro, ovunque, in una città che non conosco, parlavano francese e si scusavano di continuo, quando i loro amici non erano in grado di comunicare con me in inglese mi traducevano il possibile. Ero lì con loro, solo per una settimana, magari non li vedrò mai più, ma sono stata lì, ho vissuto, sono stata qualcuno. Mi hanno dato la possibilità di far vedere chi sono e cosa valgo e questa è la cosa più bella, nobile e generosa che gli esseri umani si possono regalare.


Mi rendo conto di essere perfettamente normale, perché le persone educate, attente e semplicemente fantastiche... esistono. 

Mi da fastidio essere data per scontata. 

Mi danno fastidio le persone che non creano legami profondi, che non parlano di cose importanti, che non raccontano della loro infanzia, che non si offendono mai, che non hanno niente da tenere stretto al cuore.


Ho conosciuto un uomo, circa un mese fa. È molto bello, alto, affascinante. Me lo ricordavo già da un po', mi ero sempre domandata come potesse essere averlo al proprio fianco, parlarci, baciarlo, vederlo andare via. Mi piace passare le mani tra i suoi capelli, mi piace il suo odore, la sua pelle è liscia e resistente, le linee che formano il suo corpo sono sensuali, precise, invitanti. Il suo tocco è determinato, duro, a tratti brutale, passionale; i suoi baci mi mettono appetito, mi fanno per un attimo dimenticare della merda di situazione in cui mi trovo... a causa sua.

È un uomo con cui non mi stanco mai di fare l'amore... ed è una cosa così rara trovare qualcuno con cui semplicemente trovarsi bene a letto, senza pretendere niente, senza aspettarsi niente, senza porsi limiti, senza avere vergogne, risvegliare qualcosa che qualche altro stronzo negli anni ha assopito per pura incapacità di esprimersi con una donna e di farla fiorire.

Mi da noia provare noia nel provare queste cose, nel sentirmi attratta da qualcuno per cui sono regolare, normale, di routine.

Ogni uomo è capace di sedurre una donna, bene o male, quelli capaci di farla restare si contano sulle dita di una mano... e io devo aver sbagliato i conti. Qualcosa non torna. 


So quello che valgo. Se rimango è perché credo in me e perché voglio provare a contare dall'inizio, a occhi chiusi... magari mi imbatto nella persona giusta. Magari la persona giusta è proprio quella che ho incontrato in una sera un po' frizzante, un po' fredda; è quella con cui ho fatto una colazione un po' strana, un po' insicura. 


Mi da fastidio che un uomo che ha due occhi bellissimi, regali lo stesso sguardo a tutte le donne, perché ho bisogno di essere speciale per dare il massimo, per essere migliore, per elevare le persone che ho intorno. Sennò sto bene da sola. Non mi va di lasciarmi tirare in basso solo perché qualcuno non ha né forze né desiderio di mettersi su un gradino più alto, per poter parlare a voce più bassa e dire cose più interessanti e intime, per poter vedere il mondo un po' meglio, per essere in vantaggio.



Non ho bisogno di esclusività stupide e obsolete, proteggo solo ciò che amo, sciocco colui che non lo fa. 


domenica 18 maggio 2014

Il cuore

Non so bene che tema sviluppare, è un giorno di scrittura questo... ma non ho ispirazione, il che è abbastanza brutto. Ho pensato di partire dalla descrizione delle mie sensazioni, o di come semplicemente mi sento, ma non so spiegarmelo. Ho solo un pezzo di Beck molto adatto; come sempre, quando mancano le parole pensa a un artista che possa averle trovate per te. È per non sentirsi soli.
Quando scrivo musica o quando descrivo i miei sentimenti sul blog, o in una di quelle lettere sempre più rare, lo faccio con quel intento. Sono sempre alla ricerca di comprensione, di farmi capire, di far sentire meno solo qualcuno là fuori.

Non esiste un modo per comunicare a chi sta leggendo quanto io a volte mi senta semplicemente abbandonata. È frustrante, perché lo sappiamo che non è colpa di nessuno se non nostra, ma la sensazione permane e non esiste nessuno che ci possa salvare, perché non abbiamo modo di farlo capire.


Mi sono fatta questa doccia gelida pochi giorni fa... e anche questo è triste, perché arrivare ad avere bisogno di sensazioni pungenti e sgradevoli per tornare coi piedi per terra, invece che appoggiarsi a un po' di comprensione umana, è un po' come toccare il fondo. Mi sono sentita in colpa con me stessa, ma anche questo non serve mai a molto se non a peggiorare la situazione. Odio sentirmi miserabile, ma a volte, semplicemente, dovrei accettarlo e perdonarmi un attimo di debolezza, alla faccia di tutti. Ho appoggiato il palmo della mano sul petto e ho sentito battere forte il cuore. Ci pensate? Cos'abbiamo di più sincero e familiare? Niente. Il cuore. Un organo che scandisce i suoi battiti, imperterrito, qualsiasi cosa facciamo, comunque ci sentiamo. Non si arrende mai per quanto una situazione possa sembrare insuperabile, tragica, pesante. Questo è incredibile, pensateci. C'è dentro di voi una cosa talmente costante, forte, responsabile e attiva che non potete essere dei falliti, per il semplice fatto di esistere, di identificarvi come esseri umani. Solo per il cuore che pompa, assiduo ma non ignaro, ogni uomo ha il diritto di essere rispettato e merita un sorriso, perché siamo tutti a conseguire la stessa battaglia.

Così sentivo il mio cuore battere in questa mano piccola e impotente e ho avvertito il sangue bollente muoversi all'interno del mio corpo, ho chiuso gli occhi e ho percepito l'energia salire dalla terra fino alla punta dei capelli, diffondendosi lungo la colonna vertebrale e ramificandosi in ogni ossicino di un corpo che dovrei amare di più. Sono un essere potentissimo, non dovrei sentirmi svilire per così poco e dovrei smettere di cercare negli altri ciò che nascondo nel profondo del mio cuore. Sapete cosa mi diceva sempre mio papà? Che l'intuito è una prerogativa del cuore, nelle prime frazioni di secondo ci dirà esattamente come fare, semplicemente la verità, prima che l'intelletto entri in gioco nel secondo successivo, riempiendoci di dubbi e considerazioni sbagliate. Così la prossima volta che sono triste e percepisco quel breve attimo in cui il cuore mi spinge ad abbracciare qualcuno a cui potrei voler veramente bene, lo farò senza esitare, prima che il cervello mi isoli e mi chiuda all'interno di un recinto in cui non voglio più stare.

Oggi piango, semplicemente perché posso, perché sono triste e non devo preoccuparmi che qualcuno reputi delle lacrime esagerate. So solo io cosa significano, quanto mi siano care e per cosa valga la pena piangere e per cosa no.

Piango perché sono un essere potentissimo e per gestire tutta questa forza ho bisogno di riposare, di scaricare le energie negative e di lasciami andare. Ho un cuore sempre attivo e tante cose da fare, ecco perché piango.



lunedì 5 maggio 2014

Ispirazione



Mi piacerebbe citare il padre di Teo in The Dreamers, quando dice che l'ispirazione non ha un minimo di considerazione per il povero poeta, è come un bambino, arriva quando meno te lo aspetti. Ma non è più il fulcro del mio pensiero, perché non attendo e a volte la metto da parte, perché l'idea sembra tanto buona, ma capita che il cervello non sia pronto, che semplicemente non sia il momento.

Perdo tante buone occasioni di creare qualcosa di nuovo, ma ho una netta sensazione di non poter rendere onore alle mie idee e allora attendo, oppure semplicemente non le reputo buone idee anche se mi fanno prudere le mani. A volte l'occasione si ripresenta, altre volte no e realizzo che non era comunque niente di importante. Non è di certo come un'occasione lavorativa, mai detto di no solo per paura di non essere all'altezza, anche solo per il semplice fatto che qualcosa del genere possa aver bussato alla mia porta, non è di certo un caso... Ecco, l'ispirazione per me è come un uomo che mi piace tanto, che si presenta in un momento tanto proficuo, proprio nel momento del bisogno, ma non è l'uomo che potrò amare. Questo mi fa sentire in diritto di andare oltre e di non dare luce necessariamente a tutto quello che fa capolino nei miei sogni.

Altre volte scambio l'ispirazione per il semplice bisogno di scrivere, o di fare foto, ma posso riportare come esempio il sesso... a volte si fa per bisogno, a volte per amore...
Può essere che il bisogno sia talmente forte da annebbiare un po' la vista, ma passa senza necessariamente fare cattive scelte di cui pentirsi.

L'ispirazione per me, invece, è qualcosa che io cerco intorno a me più che dentro di me. Osservo le persone, passo del tempo con loro, ascolto attentamente e non mi baso solo sul risultato che raggiungono, ma sul percorso che fanno. Faccio affidamento al mio mental set, oltre che alla mia sensibilità, perché se dovessi dare solo ascolto al mio intuito comincerei a fare mille cose senza finirne una. Non è sempre facile unire il bisogno di creare e l'amore per la creazione, questo voglio dire. Capita che io abbia bisogno di fare dei ritratti e allora scatto foto random, poi mi sento meglio, quando guardo quei ritratti non sento niente. Quando invece è il momento stesso a ispirarmi la fotografia, quindi uno stimolo esterno e non un impulso interno, allora realizzo immagini che non sarò mai stanca di guardare, di cui sarò sempre fiera e, soprattutto, il parere pubblico cesserà di influire così tanto sulle mie scelte. Non so se sia perché così mi espongo meno e faccio vedere più di quello che vedono i miei occhi, nel senso, dimostro quello che amo e non quello che mi compone interiormente, quindi il giudizio e la critica spaventano meno. La mia unica paura è di dare, in questo modo, meno... Sto sperimentando. Non so, non so... ma so che ora è così.

Mi piace mostrare quello che mi attraversa, mi piace essere un filtro nelle mani della realtà, le foto che faccio non devono essere autentiche di per sé, ma devono essere fedeli a come le vedo io. Per questo non sono mai riuscita ad organizzare set fotografici e creare degli artifici perfetti di cui spesso sono stata protagonista come modella.
Il mio obiettivo è solo un filtro, non cerco la foto, è la foto che mi trova. Non vado mai a spulciare luoghi o situazioni con la macchina in spalla, semplicemente ce l'ho dietro e appena vedo qualcosa che possa sembrare perfetto racchiuso nei quattro lati dell'inquadratura, scatto.
Ho provato a far posare alcune persone per me, soprattutto per i progetti in digitale, e sono felice dei risultati, sono come dei figli per me e sono esattamente come li vedevo e la cosa bella è che i soggetti erano pronti a vedersi con i miei occhi, si piacevano e io non credo di aver provato soddisfazioni più grandi, nemmeno quando mi piacevo io in una foto. Però... però... è solo quando inserisco la pellicola in quella Zenit sgangherata che ho i brividi. Davvero non trovo parole che non siano banali e inflazionate per definire come mi sento quando scatta l'otturatore e per istanti impercettibili tutto scompare mentre i sali d'argento cominciano a disegnare linee indistinte di quello che è la mia vita, di quei piccoli momenti che mi circondano e che dicono di me molto di più di qualcosa che viene direttamente dal mio cuore, per il semplice fatto che il cuore comunica attraverso un linguaggio impossibile da decifrare. Fare quelle foto è come trovare le parole perfette per dire "ti amo" quando non si ha il coraggio di farlo, per esprimere la necessità di affetto che ho tanta difficoltà a mostrare, per tenere per me il tempo che passa e le persone che se ne vanno. Capite, questo modo di fare la fotografia è puro, perché rappresenta un momento reale e mi rende indipendente, perché così la situazione è totalmente nelle mie mani e non importa dove guarderà la persona che sto fotografando o da dove cadrà la luce, perché non sono cose che creo, sono cose che catturo, non le invento, le reinterpreto e l'ispirazione non smette mai di fluire.

Scattare quelle foto è davvero come fare sesso con la persona giusta. È un bisogno che nasce solo e soltanto di fronte a quella persona, in quel luogo, in quello stato d'animo e non a caso nella solitudine della mia casa. È un bisogno che non nascerebbe in altre occasioni, è un bisogno che non esisterebbe senza l'amore.

Non so in che altro modo spiegarlo, ma spero che si capisca almeno minimamente del perché le mie foto non siano perfette, o perché io non mi dedichi professionalmente alla fotografia. Sono momenti, sono momenti importanti che mettono a nudo la mia coscienza, i miei desideri, la mia nostalgia... perché non ho più le forze di usare le parole, perché, come ho sempre sostenuto, le persone non ascoltano, ma sono ancora catturate dalle immagini e credo che si tratti di un'attenzione che non potrà mai scemare.

L'ispirazione per me non è un bisogno incontrollabile, è un amore consapevole per la mia arte.