martedì 25 febbraio 2014

FMC

Volevo continuare ad aggiornarvi sulle mie disavventure con gli uomini, ma è già abbastanza ridicolo così e ho pensato che forse è meglio tenere certe cose per gli amici... che poi... mi prendono in giro pure loro, giustamente.

Poi volevo lamentarmi di altre mille cose, ma tempo fa mi ero promessa di non essere troppo negativa, di non lasciare troppo spazio alle cose che mi infastidiscono o mi fanno passare una giornata storta.

Allora mi tolgo lo sfizio di dire che una delle ultime volte, per la prima volta da quanto avevo 15 anni, mi sono trovata a pagare il conto a metà. Poi quando mi offrono una birretta mi viene da piangere ed Ema dice che mi meraviglio per le cose normali. Eccicredo. 



Così oggi mi prendo finalmente il momento di parlare di Francesco. Mi dice sempre che sono una tipa strana e secondo lui non è normale che io abbia nascosto nel suo studio il suo libro che mi ha regalato. Bah.
Comunque, mi piace prendere l'ascensore con Francesco, sono quei pochi secondi di riconciliazione, l'istante in cui facciamo un resoconto spensierato di cosa ci siamo detti in casa o di cosa abbiamo visto fuori. Poi non mi lascia mai il tempo di premere il bottone del 5° piano, ma in qualche modo riesco a beccarmi il piano terra. 
Ora che non bisticciamo più parliamo apertamente, ma abbiamo imparato a non interpretare il silenzio come un segno di allarme. Alcuni momenti della giornata è anche difficile dire chi dei due sia a casa, altre volte facciamo stretching in mezzo al soggiorno da ubriachi. Non male.
E poi guardare i film con Francesco è uno sballo, perché sta in silenzio e mette il volume a palla, fino alla fine.

Ci sono tanti piccoli riti... e non so se reputarli esclusivi, io dal canto mio so di avere certi miei modi di fare solo con lui, non ho particolare interesse a sapere come sia lui con le altre donne, con le altre persone in generale.
Ha tanti modi di guardarmi, a volte sorride e so che sta di nuovo pensando che sono un fenomeno, altre volte si incanta e diventa piuttosto indecifrabile. Poche volte aggrotta le sopracciglia, pochissime a dire il vero ed è piuttosto strano, e nonostante questo percepisco perfettamente la sua preoccupazione. 
Ma la cosa che preferisco è quando lo vedo schifato verso le mille cose che lo schifano. Le etichette, gli orsi senza pelo, vari tipi di insetti, i casi umani con cui io ho a che fare... È divertente quando si mette il volto tra le mani, o le mani nei capelli, o le mani davanti agli occhi o quando sgrana gli occhi. 

Mi sto prendendo in pregnanti ripetizioni, ma mi sembrava il modo più carino per dire tutte le cose semplici che non gli racconto mai, per paura di essere noiosa. Lui sa talmente tante cose e io in confronto so così poco, anche se mettiamo a confronto i nostri due mondi totalmente diversi, con il mio background rock 'n roll senza ritegno e il suo mental set di natura molto più raffinata, le sue conoscenze comunque superano le mie e sarà sempre così. Non è questione di età ed esperienza, non solo, ma è per come siamo fatti e per le nostre priorità. 
È difficile parlare con qualcuno che sa già tutto e di più, ma in qualche modo le nostre diversità ci portano a sorprenderci a vicenda, non so quanto spesso accada e quanto potrà durare.
Anche adesso ho il terrore di pubblicare questa cosa, ma non sarà comunque all'altezza, tanto vale buttarsi.

Quello che mi sconvolge sempre è che mi trovo di fronte alla persona più sensibile sulla faccia della terra, ma l'attimo dopo sono stroncata da una considerazione dura senza un minimo di riguardo nei miei confronti. Accade sempre più di rado, non so se perché si trattenga, o se perché creda un po' di più in me e nelle mie scelte, ma ci sono secondi di panico in cui devo decidere se offendermi, o se prenderla così... Così come? Non lo so. 
Mi ricordo la notte in cui l'unica persona di cui mi fidavo in quel periodo, mi ha definita come quella con un grosso potenziale, ma non concreta, instabile, inconcludente forse. Vacillavo ed è stata l'ultima volta che ho toccato il fondo. Forse mi serviva proprio questo per cominciare a credere in quello che faccio, forse no, ma sta di fatto che siamo qui e adesso so cosa fare, mi fido, ma vado avanti per la mia strada.

Cazzo (una parola che ho pronunciato spesso in sua presenza l'ultima volta, mi sono morsa la lingua più volte, ma ho deciso di essere semplicemente quello che mi va di essere), volevo dire così tanto, ma sono qui... dopo una giornata di merda da cui sono uscita in modo dignitoso, ma totalmente sfinita. E ho pensato a Francesco.

Quello che mi preme al momento è fargli capire che lo stimo infinitamente, perché apprezzo quello che fa per me, perché ammiro le cose che crea e sono affascinata dalla sua visione del mondo. Mi piace ascoltarlo quando suona il pianoforte, e mi piace intravedere i suoi occhi divertiti da dietro il monitor del computer quando faccio capolino davanti alla scrivania; mi piace quando ordina la colazione con aria soddisfatta o quando guarda con amore il primo cappuccino della giornata, adoro quando mi chiede se sto scherzando e mi sorprende la sua capacità di meravigliarsi di fronte alle cose, dopo aver visto la bellezza in infinite sfaccettature, cose che io non riuscirei nemmeno ad immaginare ora come ora.

Mi domando sempre come riuscirei a ringraziarlo non solo per quello che fa per me, o per i momenti che mi regala, ma semplicemente per il suo modo di essere, per la persona che è. Ed è una persona meravigliosa che sono fiera e felice di aver conosciuto, con cui sono orgogliosa di aver sofferto e di aver gioito insieme, perché quello che mi spaventa di più è rimanere delusa da qualcuno e con lui non è possibile, per quanto male mi possa fare in futuro (e se continueremo ad essere amici succederà, fa parte del processo) la sua figura è consolidata nell'anticamera del mio cervello. 

Non credo che diventerò mai una giornalista, anzi, non credo di voler diventare una grande giornalista, so di dover fare un percorso diverso, ma al momento è una cosa che mi appassiona, da profana forse, da dilettante, ma è stato un onore presentare il suo reportage su Reykjavik Boulevard. Buttateci un occhio, perché la storia di Francesco Maria Colombo è la storia che mi ha affascinato e se conoscete quello che mi affascina, conoscete un pezzettino di me.

Cliccare qui per l'intervista 

Se dovessi veramente scrivere articoli in un futuro, penso che farei dei reportage di situazioni estreme nei luoghi improbabili. Ma prima di tutto imparerei a fare le foto bene, ma bene bene bene e gestirei un blog seguitissimo, autofinanziato e controverso. Ci vorrà ancora un po' di tempo.



giovedì 13 febbraio 2014

I miei amici

Stavo preparando un articolo e come da tradizione ho piazzato su una colonna sonora perfetta per i miei scarabocchi, il mio problema è che sono impulsiva e che quando ho voglia di scrivere di cazzi miei tutto il resto del mondo deve aspettare. Vuol dire che sto passando un periodo prolifico, non mi lamento... E scriverò stanotte e diventerà cieca e mi verrà un infarto al decimo caffè. Ma adesso voglio parlare dei miei amici.

Io ho pochi amici, ne ho pochissimi. Per un po' ho ritenuto fosse un problema, perché tendo a farmi molte domande quando tutte le cose intorno a me fluiscono in una direzione e io mi trovo a remare controcorrente. Non è che io voglia omologarmi, o essere necessariamente diversa, semplicemente mi analizzo, qualsiasi cosa strida nella mia vita.

Tediando il mio cervello per un periodo relativamente lungo, sono giunta alla conclusione che la devo smettere. Devo smettere di cercare le persone e soprattutto di idealizzarle. Sospendo le ricerche e mi tengo quello che c'è, perché quello che c'è è incredibile, nella mia vita non ho mai, mai mai maimaimai avuto amici così preziosi come adesso. E questa scoperta ha automaticamente ucciso tutti i miei rancori verso Giulia e Andrea, due persone che mi hanno abbandonata per inseguire le proprie maschere... e io per prima, realizzo adesso, li avrei lasciati al loro destino. Le persone che hanno paura di evolversi... mi fanno paura.

C'è Ema. È ancora segnato sul mio telefono come Ema Thurman, perché una volta al Siddharta l'ho incontrato con delle scarpe improponibili... O era un completo? Comunque era impossibile non citare Kill Bill. E tuttora mi è impossibile parlare con Ema senza tirare in ballo dei film in santa pace, perché ne ha visti una marea e non mi ha mai giudicato come la schizofrenica che vive in un pellicola. Basta una parola ed Ema si immagina la voce di un attore nella sua testa e anche se siamo in due città diverse ridiamo come dei dementi davanti allo schermo e ce la godiamo di brutto.
È intelligente, è una di quelle persone talmente intelligenti da farsi del male, perché pensa molto, approfonditamente, ma a differenza mia non idealizza troppo la gente, ci crede ancora meno di me, prende le cose come vengono... con poco potenziale. Ma è un uomo passionale e basta una scintilla per riportarlo sul picco della speranza nel genere umano. E io lo trovo incredibilmente positivo, non ho mai visto nessuno ridere con così tanto gusto, analizzando cose complesse, lasciando entrare le cose più semplici, anche se ho l'impressione che non fosse sempre stato così. Ema ti lascia fare, non ti rompe, ti ascolta e non ti giudica, ma se serve un calcio in culo te lo becchi tutto. 

È buffo come i miei legami più forti nascano da qualcosa che all'inizio mi rifiutavo di conoscere e adesso capisco anche il perché. Non ho mai idealizzato Emanuele, l'ho preso così com'è e le voci che girano intorno alla sua figura hanno contribuito a tenermi lontana da lui il tempo sufficiente. Ma, come forse direbbe lui, è giusto approfondire le proprie conoscenze con le persone dalla reputazione forte e contraddittoria, controversa; come direi io, certe persone sono destinate a stare vicine, qualsiasi cosa si metta tra loro.
Questa è un'altra cosa buffa. Lui è un cinico, io invece vivo con questa aura spirituale che inculco dove e come riesco. È come se parlassimo di anima in termini diversi. Lui mi insegna cose nuove, io gli ricordo che le cose belle si nascondono negli elementi più semplici, senza doverli necessariamente scomporre e sviscerare. È un uomo coerente, ma non si chiude mai di fronte alle idee nuove, alle nuove esperienze. E poi è curioso come una scimmia e lascia la sua mente aperta anche alle cose improbabili. È di marmo di fronte agli stupidi, è un brodo di giuggiole con le persone intelligenti.
So che Ema non mi abbandonerebbe mai e non tradirebbe mai la mia fiducia, perché parla chiaro, perché non mi nasconde niente al costo di esporsi, di sbagliare, di essere messo da parte. È una persona leale, è una persona che si allontana solo se viene ferita in maniera irreversibile e io non mi permetterei mai una cosa del genere.

Daria è una persona semplice ma capace di fare dei ragionamenti particolarmente complessi e tutto da sola. Nel giro di cinque minuti nella sua testolina passano i pensieri più improbabili di cui nessuno saprà mai l'origine. Non ha paura di provare cose nuove o di ridere a voce alta in un locale in cui non si sta divertendo nessuno. 
La nostra amicizia è nata in modo bizzarro. Mi ricordo solo il fatto di aver constatato che entrambe non andiamo d'accordo con il nostro stesso sesso, mi deve aver scritto qualcosa tipo "le donne mi odiano", poi siamo finite a casa di una sua amica bisessuale e molesta e da lì non abbiamo più smesso con le uscite casuali infrasettimanali. 
A volte mi stende con una considerazione forse un po' troppo sincera e mi viene voglia di prenderla a schiaffi insistendo sul tatto, ma poi realizzo che alcune cose mi entrano in testa solo così e se non mi dice le cose rasoterra lei, chi ci pensa?
Ma è ragionevole, ti ascolta con calma e poi analizza ogni possibilità, ogni punto di vista, a differenza di me ha il cuore di mettersi nei panni degli altri. Daria sostiene la sua opinione al costo di andare contro chi ama e questo rende di lei una donna coraggiosa, ma non ha alcuna paura ad ammettere di aver cagato fuori dal vaso e questo la rende anche molto nobile.

A volte discutiamo di viaggi astrali o dell'educazione che ha un'influenza notevole sulla vita di ogni individuo, altre volte ci beviamo un vinello e ci facciamo due risate su quel tizio o quell'altro. Parliamo di famiglia, di lavoro e di sogni, o ce ne stiamo in silenzio in macchina ad ascoltare qualcosa di figo. 
Daria sa fare un complimento senza farti sentire in colpa di essere un genio, ma ha il coraggio di dirti che sei una merda e che forse dovresti riflettere sulla cattiva persona che sei. Rido. Adoro questa donna, perché varia tra la discrezione di sussurrarti qualcosa che tutti sanno in un orecchio, o di dire una scomoda verità di fronte a tutti. Poi è una figa da paura, soprattutto quando ride o quando si concentra sulle cose, e lo fa di continuo.

Erika è il mio piccolo tesoro. La conosco da quando aveva 14 anni. Mi ha rincorso nel cortile della scuola senza farsi scrupoli e adesso ci troviamo a tirare madonne sulla nostra vita vissuta. È incredibilmente diretta. All'epoca pensavo fosse una peculiarità dettata dall'inesperienza di fronte a determinate situazioni, invece è proprio una parte del suo carattere, e cioè dire la verità a tutti i costi, spesso ferendo del male pure a se stessa. Mi sto rendendo conto che adesso sono circondata da persone che non hanno paura di ridere, che ridono in faccia a questa vita che a volte è piena di merda ed Erika è la rappresentante numero uno di questo movimento. Ride forte e contagia tutto quello che le sta intorno. Magari l'attimo dopo piange e tutto intorno si spegne, ma da che io ricordi, non ha mai avuto paura di niente. Io sono così e posso solo fare del mio meglio, se non mi vuoi quella è la porta. Erika ha il coraggio di essere se stessa, senza compromessi ed è una cosa che le ho sempre invidiato. Di nuovo, ho a che fare con una donna che più volte mi ha detto senza peli sulla lingua che sono una merda. Ma come fa altrimenti un rapporto a resistere negli anni? Come fate voi ad essere amiconi da secoli versandovi schifezze addosso, strisciando alle spalle, tradendovi, essendo così infimi...? Io ed Erika non abbiamo mai avuto questo problema, ognuna di noi, a modo suo, ha rivelato i lati scomodi l'una con l'altra e adesso siamo ancora qui e non abbiamo paura di dirci le cose... E dio mio, non avete idea quanto sia bello e rilassante avere un'amicizia in cui puoi dire tutto, non quello che riguarda te, ma soprattutto l'altro.
Quello che mi auguro, è che il mio piccolo tesoro si renda conto che sia giunta l'ora di andare avanti, che sia l'ora di riporre i remi e abbandonare una lotta per qualcosa che forse non vale la pena difendere. Se si vedesse con i miei occhi, se percepisse almeno il 50% di tutto quello che è e che rappresenta, andrebbe avanti più sicura, con la testa più alta e con molte meno difficoltà. Ma non sono nessuno per decidere i suoi valori, posso solo starle accanto e volerle bene. Come ho sempre cercato di fare, non sempre riuscendoci, purtroppo.


Io e Marco non ci sentiamo spesso, quasi mai. Ma non importa, perché quando ci vediamo, perché le rare volte in cui ci vediamo, parliamo liberamente e non avendo più ostacoli emotivi abbiamo consolidato le nostre conversazioni, siamo sinceri. Non c'è più paura di perdere niente, e da parte mia semplicemente c'è fiducia. Mi manca, per la maggior parte dei giorni in cui non ci sentiamo, semplicemente mi manca e ogni volta che entro in cucina penso alla colazione e ai nostri discorsi che nascono lentamente e ai sorrisi che salgono in alto, insieme al vapore che esce dalle nostre tazzine. Penso al suo sguardo che si accende di fronte a una proposta allettante, o al suo nervosismo quanto mi svela qualcosa di nuovo riguardo alla sua vita, ai suoi progetti. È una persona delicata, attenta, è uno scrittore! È uno scrittore non invadente, che non mostra di prendere appunti (a parte quando impazzisce ed afferra il telefono per segnarsi le cose), ma che ti fa sentire parte delle cose che pensa, anche quando sta zitto. Quando entra Marco la stanza si riempie, perché emana erotismo da tutti i pori, per come si muove, per come parla e per come si guarda intorno ed è il motivo per cui non smetterà mai di attrarmi e per me è un elemento fondamentale nella mia vita: qualcuno che mi appassioni, sempre. E poi ride con questa goccia di incredulità nella voce, tipo "rido perché non ho veramente scelta".
Marco è l'unico scrittore senza un'ego spropositato che io conosca, è l'unico uomo che sa esaltare i suoi progetti senza metterci un "io" di mezzo, che sa parlare delle sue idee in modo rispettoso e passionale, rendendo credito a tutti quelli che hanno contribuito alla sua ispirazione. È uno scrittore nobile e prego Iddio che non smetta mai di scrivere.


We don't care, we're driving Cadillacs in our dreams.


lunedì 10 febbraio 2014

Nuove sfide da non prendere troppo sul serio

Dopo mesi di lavoro minuzioso e quasi maniacale, è arrivato il momento di tirare le somme. Ho frugato nei meandri della mia memoria fino alla nausea, ho eliminato qualsiasi persona che mi facesse soffrire inutilmente, ho tolto il superfluo, ho smesso con i miei stupidi vizi emotivi, con la manipolazione, ho affrontato i miei genitori, ho smesso di avere rancori.
Ma ho questa sensazione come se cercassi di lavare via l'olio con l'acqua fredda e senza sapone, sto sbagliando qualcosa.

Se so esattamente cosa voglio, perché non riesco a crederci fino in fondo? Vorrei dire... va meglio, va molto meglio, ma le persone non ascoltano, non ancora. Mi trovo a troncare frasi a metà, mortificata, delusa, ferita, perché nessuno ascolta, non ancora. Ci sono ancora le briciole nel mio letto, le sento non appena mi sdraio e spengo la luce, le sposto coi piedi, ma so che sono lì e che basta un movimento soltanto per ritrovare il disagio. Devo accendere la luce, devo cambiare le lenzuola. Devo decidermi a farlo. Non posso continuare ad aggrapparmi a un mito, non posso continuare a essere così pigra. Questa è la realtà, sono pigra, pigrissima e il lavoro che sto facendo non è sufficiente, ne ho le prove e sono queste notti in cui sto di merda e non trovo il coraggio di telefonare a qualcuno che so possa capire. È il riverbero di un'abitudine marcia, e comoda...

Ancora mi rifugio nei libri, nei film, ancora non mi lascio andare del tutto quando le cose belle capitano e ne stanno capitando come mai in vita mia! Perché ho il netto presentimento che qualcuno mi stia prendendo in giro? Che prima o poi la pacchia finisca...

Percepisco tutto come una sfida, anche quando gioco da sola, soprattutto quando gioco da sola. E mi consumo, raschio il fondo fino ad ottenere lo stridio fastidioso. Prendo troppe cose sul serio, mi agito, mi appassiono e mi sento demente. Perché sono da sola. Perché sono sola. Corro, prendo direzioni a caso, l'importante è non fermarsi, mai una volta qualcuno mi avesse afferrato il braccio chiedendomi cosa cazzo stessi facendo. Sento solo persone urlare frasi indistinte, capto le parole chiave che mi fanno solo venire voglia di fuggire più lontano. Mi convinco di cose sbagliate e cose sbagliate accadono. 

Adesso ho bisogno di una cosa nella mia vita, una cosa qualunque tra quelle che amo, e lasciarmi andare, ciecamente. Continuo a crearmi scuse, difficoltà, ma resisto (resisto alle difficoltà che in gran parte da sola mi creo)... Stabilisco un punto di arrivo, ma corro ad occhi chiusi e lo supero senza godermi la vittoria. La Natura non ha fretta, e così non dovrei averne nemmeno io. So andare in alto senza prima toccare il fondo, l'ho detto, ma è ora di imparare a godersi l'ascesa. Ecco cosa devo fare adesso.

Ci sono così tante cose da fare ancora, così tante... Ma continuo a ripetermi che ce la farò e come disse un'attrice russa in un film di quelli vecchi, classici e ambientati a Mosca: "riuscirò ad essere felice lo stesso, anche se senza di te". Chiunque salga a bordo è il benvenuto, chiunque decida di scendere non si porterà più via niente di mio, perché non mi attaccherò più alle cose, perché non elemosinerò più niente, perché rimarrò solo io, cara e familiare a me stessa. 

Mi voglio bene finalmente, ma è l'ora di uscire dal guscio. Non merito di stare qui dentro.




mercoledì 5 febbraio 2014

Non è un problema

Non piango molto ultimamente, quasi per niente e chi mi conosce bene, molto bene, in questo momento probabilmente sta sorridendo, così, per ironia, o perché mi vuole bene e ci sperava.

Mi prendo i miei momenti durante i film in cui succede qualcosa che vorrei succedesse anche a me, quando sento di non aver colmato qualche vuoto. Ma poi sento gli occhi di qualcuno addosso e smetto, smetto subito. Prima non sapevo ridere in pubblico, adesso non so piangere. Forse è un bene. 
L'altro giorno ero con mia madre e c'era una vecchia attrice russa a cantare in questa specie di documentario assemblato malissimo, ma il montaggio mi permetteva di ascoltare lunghe parti di cantato, una sorta di opera, non saprei definirla. Non so mai definire un cazzo se non le mie sensazioni. Oggi ho suonato il basso canticchiando e non so nemmeno dire le note che ho usato, le corde, e non me ne frega niente, lascio la musica fluire attraverso di me in maniera totalmente diversa. Assume tutto una struttura nel momento del bisogno. E così stavo ad ascoltare questa cantante di fronte a mia madre e questa alla fine mi ha abbracciato perché stavo piangendo, come se io mi fossi persa, come se avessi bisogno di conforto e ho capito che la donna che mi conosce da 25 anni non sa ancora perché ogni tanto piango. 

È solo l'ennesimo modo di esprimersi.
Esistono i sospiri, la punteggiatura e le lacrime. Cerco di non sbagliare, ma le persone sono così diverse e non posso sempre scegliere il canale tramite cui lasciar fuggire le emozioni. Alcune valvole cedono e io mi lascio andare.


Ho ricevuto un'email di mio padre, in risposta a un mio discorso tosto e sincero. Una lettera che ho avuto il terrore di spedire, avendo paura che si potesse offendere, o che potesse non capire fino in fondo la natura del mio bisogno di esprimere un disagio. Folle, folle, folle di terrore perché mio padre potesse rifiutarmi. Che stupida che sono stata, ma anche... coraggiosa. Non l'ho mai fatto prima, non così. Adesso so usare le parole, senza necessariamente dosarle, basta sceglierle bene.

Ha scritto cose talmente belle e aperte che vorrei piangere a lungo, solo perché non ci sta, tutto questo non sta più nella pelle, ribolle nelle vene, si surriscalda da qualche parte nei punti critici. 

Riporto qui la traduzione dell'ultima parte della sua risposta:
«Rispetto molto tutto quello che fai e quello verso cui ti protendi, e non solo perché in noi scorre lo stesso sangue, ma perché vedo in te una personalità creativa e la tua anima stracolma di amore!»

Il fatto che qualcuno creda in me in base a ciò che ho fatto e ciò per cui lotto e non per via di un qualche legame forte, è quello in cui ho sperato tutta la vita, è ciò che mi ha attanagliato per giorni improduttivi e notti insonni. Una persona che mi amasse incondizionatamente, ma che avesse il coraggio e la sensibilità di dirmi semplicemente quello che pensa di me. Perché quando faccio cazzate mio padre è pronto ad aiutarmi ad aprire gli occhi. 


Nella mia famiglia siamo strani. Mio padre mi è vicino perché mi stima, proviene da un'educazione che penso l'abbia segnato moltissimo e ne sta facendo i conti solo adesso. Mia madre spesso cerca di starmi vicina solo perché sono sua figlia e ancora mi domando cosa le piaccia di me, perché tutto quello che non proviene da lei, che non è come lei, immediatamente stona ai suoi occhi. Ma ho sbottato pure con lei, urlandole che sono una persona prima di tutto, prima di essere sua figlia e che per una volta vorrei che mi vedesse come tale, aiuterebbe entrambe. 
Ma forse adesso è il mio turno di essere paziente, perché so chi sono ed è solo questione di tempo perché riesca a farlo capire a tutte le persone che amo. Perché menarmela quando posso abbracciare mia madre, annusare i suoi capelli e sentire un po' di bene che cresce anche intorno a lei. Se basta veramente così poco per tirarla su, perché innalzare i muri? Perché non aprirsi? Non necessariamente a parole, ma semplicemente standosene lì a fissarla mentre pensa, invece che impuntarsi e convincersi che non capirà mai. Ha già capito, e forse sarebbe successo senza il bisogno di mostrarle delle prove concrete.

Non lo so più. La mia piccola famiglia sgangherata. Mia mamma che ce la sta mettendo tutta e avermi accanto non le basta. Mio padre dall'altra parte del mondo e le infinite cose che non sa di me. Ma infondo, non conosco i miei genitori nemmeno io e se la smettessi di inculcare loro il mio modo di essere e le mie scelte, potrei imparare qualcosa di nuovo proprio da loro, lasciando semplicemente correre le cose, osservandoli e immedesimandomi un po' di più in quelle teste matte. Li amo così tanto e hanno fatto del loro meglio, non è il momento di ripulirsi di tutto e lasciare dentro di me le cose belle che mi hanno trasmesso? Senza rimpianti, senza rimuginare, cercando me stessa nelle cose che mi appassionano e non attraverso il male che mi è stato rovesciato addosso negli anni. È stato, ma non significa che sia ancora lì, è un riverbero, non è tangibile e non intacca la mia intelligenza.

Sono salva.

Eppure, anche adesso, riesco a piangere solo a sprazzi. Sento questo bisogno come una cosa pura, eppure non riesco a sbrigliare questo gomitolo di emozioni che si accavallano. Ci vorrebbe una giornata tardo primaverile, con il sole e una pioggia forte a rimbalzare sull'asfalto. E la mia testa fradicia fin dentro al cranio, da non riuscire più a pensare.


Intanto oggi un uomo ha detto quello che un uomo dovrebbe sempre dire: "Non è un problema". Suona conciso, rassicurante e coscienzioso. È una bella notizia. In uno dei miei film preferiti una vecchia signora sorride e con voce rauca e calorosa pronuncia "stupidino, sono cose di cui non si parla, ma di cui si tace... e si sospira".