mercoledì 16 ottobre 2013

Zoe

Ho avuto la fortuna di vedere in anticipo l'ultimo video in cui ho l'onore di essere protagonista.
Non ho molta voglia di perdermi a descrivere il pezzo, so che è molto bello e che l'ho ascoltato come andava ascoltato solo dopo essermi vista nel video.


Mi ricorda l'unico uomo che mi abbia mai detto "se tu ti vedessi con i miei occhi". Se mi vedessi con gli occhi di tutti quelli che dicono che sono bella senza avere idea di cosa significhi, varrei meno di zero. Lo so. Ma so anche che la mia autostima è sotto zero. So che vengo bene in foto, anche se non rispecchio i canoni di una bellezza femminile classica, o contemporanea, o qualsiasi cosa piaccia adesso per lo più a tutti. So che non sono brutta affatto e ho un po' di amor proprio, non poserei se credessi di essere un cesso. Però non so... Faccio così fatica a credere a qualcuno che mi parla sinceramente, dicendo qualcosa di bello, di superficiale e bello.

Cosa vuol dire bella? 

Angelina Jolie è bella, non io! Io sono così... un tipo. Posso piacere. Sono la ragazza che passa inosservata a una festa, che contempla gli altri flirtare, a cui i ragazzi hanno paura di avvicinarsi perché non ha i gesti espliciti di un interesse. Insomma, sono una sfigata! Sono il tipo di ragazza da film comico americano, se indosso gli occhiali divento invisibile, ma se qualcuno mi guarda per bene vede che sotto c'è qualcosa di carino. Sono l'ossessione delle amiche che vogliono che per una volta Nina esca truccata, decente! Perdio!

Ho sempre creduto che la femminilità si celasse in cose diverse.

È deprimente. Davvero valgo solo in foto?
Mi fa schifo quando in discoteca gli uomini mi si avvicinano perché ho il rossetto e una gonna corta. Ma deve far parte del gioco, dell'artificio che tutti amano.
Davvero senza trucco non valgo niente? Davvero nessuno riesce ad andare oltre, attraverso qualcosa di semplice...?


Invece mi guardo in questo video e mi meraviglio del fatto che anche se così è stato scritto qualcuno si sia preso la briga di riprendere i miei gesti, che abbia trovato quelle piccole cose che nascondo e che mi sono preziose. C'è un punto in cui la canzone dice "Zoe ti spezza con la sua onestà, violenta e nitida", e io penso... che sono io. E quello che faccio nel video va bene, è mio, ci credo, lo amo, sono così... e ho perso un sacco di persone per come sono. E anche per questo sono sola, come Zoe.
Io credo che questo vada al di là della mia sfigataggine con gli uomini, comincio a vedere loro come dei ritardati; perché ci sono due persone lì da qualche parte, di un certo gruppo chiamato "Libra", che hanno scritto "Zoe" e la trovano bellissima, anche se è così, proprio perché è così.

E ringrazio questi ragazzi che hanno contribuito a farmi sentire bellissima e semplice, anche se nei panni di un'altra.






domenica 13 ottobre 2013

Le parole contano

A volte le parole feriscono così tanto. A volte mi sento un po' come quel "vaso di terracotta costretto a viaggiare con molti vasi di ferro". Mi ha sempre colpito questa frase e non ho mai capito perché mi ci ritrovassi così tanto, perché non sono una persona debole, né tanto meno codarda, altrimenti mi sarei acciaccata, sarei finita come quelle ragazze che alla mia età dimostrano cinquant'anni. Essere paragonati a dei vecchi non è sinonimo di un'indole matura. Ho cercato di mantenere qualcosa di puro in me, non so perché tutti quelli che conosco vogliono portarmi via questa peculiarità caratteriale. Qualcosa di me ha sempre turbato i miei amici, li ha sempre allontanati. Mi ci crogiolo da anni e penso che persino Don Abbondio ha avuto qualcuno che gli è rimasto accanto fino alla fine.

Mi ricordo di A. che mi ha detto che sono egoista (verissimo) e che sono una persona aggressiva (non può essere vero, non sarei qui a scrivere). All'epoca gli dissi che una persona che mi vuole ancora bene non può dire queste cose e me ne sono andata. Ho pianto dopo, perché qualcuno che non mi conosce non si merita le mie lacrime, ho pensato. Ma solo di recente ho capito perché la cosa mi ha toccato tanto... Non reputo giusto accusare qualcuno che protegge ciò che ama e soprattutto ciò in cui crede. Sì, l'ho fatto senza particolari riguardi, ma mai a sproposito. Tutte le mie tesi erano dignitose, avevano un senso, un sostegno, una verità che poteva essere vista da più angolazioni. Non ho mai difeso un pensiero senza prima averlo sviscerato in privato, perché non mi permetterei di sbagliare in una cosa così grande, perché non darei mai in pasto ai cani qualcosa a cui tengo senza averlo prima corazzato. Non amerei niente e nessuno senza considerarlo prima di tutto puro.
Quindi la mia non è aggressività, stupido, stupido essere umano, il mio è amore ed è amore profondo e incondizionato per le passioni, per il piacere e per me stessa. Un dibattito per me è questo: lottare per ciò in cui ho imparato a credere. Non litigo mai, solo metto in evidenza la punteggiatura, metto più sotto pressione i toni, do' più spazio ai gesti. Non è aggressività, è passione.


Quante cose fanno male, quante parole vengono gettate dal quinto pianto senza una minima considerazione per il povero passante. Tutti si sentono in diritto di dare un giudizio, senza che venga richiesto, senza prima finire di ascoltare la frase... quando l'ultimo termine può cambiare così tanto. Una frazione di secondo può dare la svolta alla vita di una persona, una virgola gliela può negare. Perché, perché nessuno vuole ascoltare?

Infine... tutti se ne vanno. E pensano che io abbia lo sguardo perso nel vuoto perché sono triste, scontenta e arrogante.
Mi guardo intorno perché il mondo ha da offrire un'infinità di cose, perché se parlo faccio danni, perché se ascolto mi sento morire dentro, perché si spegne un po' di quella purezza che non so più come proteggere.

Sono stanca.
Perché non sono socievole e perché ancora mi piace passare il mio tempo con una persona alla volta e guardarla negli occhi, ascoltarla a lungo, non confondere gli odori.
E soprattutto... le mie parole sono sempre quelle giuste, perché so esattamente cosa voglio dire e mi prendo una pausa nella discussione per capire come parlare. Ho dato tanto per arrivare al punto di poter parlare liberamente, senza intoppi, senza fraintendimenti, per scegliere i termini velocemente, per avere il tatto allenato; per essere diretta, per sorprendere o per evitare di girare intorno a qualcosa che entrambi gli interlocutori vogliono.

Se mai gli ultimi barlumi di speranza dovessero essermi portati via, se quella fiamma intatta che porto all'interno dovesse spegnersi, so per certo che il mio amore per un sano dialogo non morirà mai, finché sarò capace di pronunciare le parole che conosco e finché, estemporaneamente, incontrerò persone come me. Persone passionali.

Ma intanto il vino è finito e io sono rimasta sola, ancora, incapace di non illudermi di fronte a un mondo di possibilità ed esperienze.




sabato 12 ottobre 2013

È uno sporco pulito

C'è bisogno di un viaggio molto lungo e possibilmente in macchina.

Mi si disegnano davanti agli occhi le montagne e sento il sole bruciarmi il viso passando nelle insenature. E fuori c'è un vento caldo, c'è un odore indefinito di alberi e di terra. Soprattutto odore di terra.
Lui non se ne cura particolarmente, ama altre cose, cerca odori diversi, ma ci siamo già fermati un paio di volte perché volevo toccare il terreno e annusarmi le mani. Amo la nostra macchina che ha il tipico odore di tessuto surriscaldato e polveroso. Amo passare il tempo così, ma non vedo l'ora di giungere a destinazione e cadere tra le foglie secche, inspirare profondamente e ricordarmi che sono felice. E ho bisogno di sporcarmi i capelli, di sentire i granellini di terra sulla cute, sentirne il movimento sotto le sue dita. Solo l'uomo che amo può toccarmi i capelli così, solo l'uomo che mi ama può capire quanto una cosa così microscopica possa portarmi lontano da tutto e farmi dimenticare ogni male.

Ed è incredibile l'attenzione che voglio dedicare a questa persona. Lui guarda l'acqua scorrere per ore e io non mi sento mai trascurata, perché so che c'è anche un po' del mio sangue in quel fiume e lo sento scorrere nelle mie vene quando lui mi abbraccia, quando sento l'odore dei suoi capelli sui miei vestiti.
E mi piace quando prende la chitarra, si siede per terra e improvvisa qualcosa, perché sa quando ho bisogno di cantare, perché mi ascolta quando canto e non gli è di alcuno sforzo arrivare prima che io scoppi a piangere. Mi sente.

Mi piace anche quando stiamo in silenzio sotto la pioggia, completamente fradici e infreddoliti, in attesa di una svolta, dell'acqua che si raccoglie nelle clavicole, della "necessità" di un bacio. E ci possiamo guardare a lungo e poi fissare il soffitto sdraiati sul pavimento, con le dita intrecciate tra i peli del cane e la polvere di una settimana che non ha lasciato spazio a nient'altro. 

Amo questo posto perché nelle mattine come questa il sole disegna alla perfezione la sua mandibola e mi sveglia poco prima di lui, facendomi sprofondare nelle coperte, fino a puntare il naso sotto la sua ascella e pensare che là fuori non esiste niente di più rassicurante, che nell'intero universo mai troverò un odore così tanto familiare.

Una cosa so. Che abbiamo tutti spesso voglia di dormire con qualcuno, ma che esistono pochissime persone con cui abbiamo voglia di svegliarci.


martedì 8 ottobre 2013

Un autunno diverso

È il primo autunno in cui non trovo l'ispirazione per scrivere. Negli anni ho riempito blog e diari di cose piuttosto melense, quindi suppongo una certa consapevolezza mi abbia portato a una specie di blocco, perché qualsiasi cosa mi venga in mente sembra merda.
Oppure mi avete semplicemente consumata. Mai come quest'anno ho lottato per farmi leggere da chi non è in grado di ascoltare e non è servito a niente.
Chi ha letto ha capito e ho capito anche io... Certi messaggi semplicemente non arrivano, in qualsiasi maniera siano trasmessi.

Nessuno mi ha mai sostenuto. Il mio bisogno di scrivere è un passatempo agli occhi degli altri. Qualcuno mi ha letto volentieri, qualcuno mi ha compreso, ma nessuno ci ha mai creduto. Dio solo sa quanto bisogno io abbia di una persona che mi dica "non mollare" adesso. L'ha fatto mio padre oggi e sono scoppiata a piangere perché anche se sto ancora lottando e la strada è totalmente in salita, so che lui crede in me e che non sono un totale fallimento. È bello quando la persona che ami è fiera di te, quando si rende conto di quanto una cosa del genere possa contare. Non lo fa per renderti felice, lo fa perché ci crede davvero.

Chiara qualche giorno fa mi ha chiesto se io avessi intenzione di scrivere qualcosa di mio. Mi è sempre piaciuto scrivere di altri, stare dietro le quinte, fare la giornalista insomma, ma questa cosa mi ha fatto riflettere per un attimo e ho sentito in fondo alla mia mente affiorare idee, anche se totalmente incapaci di toccare la superficie di quello che è il parto, la conclusione dell'ispirazione o qualcosa del genere. È come se la mia testa fosse una sfera di cemento con dentro i coccodrilli. Ok, è un'immagine un po' deviata, ma immagino non sia facile per un coccodrillo uscire da una situazione del genere. Povere le mie idee.

Ho sempre pensato di non essere all'altezza di mettere al mondo una creatura così grossa, per due motivi. Prima di tutto l'universo è pieno di autori incredibili e mi sembrerebbe di levare loro l'aria per respirare (arrogante come pensiero, visto che loro non sanno della mia esistenza), e poi - forse questa cosa si avvicina di più alla mia indole - avrei paura che questa mia creatura venisse calpestata. Insomma, è un po' come fare i figli in una situazione non proprio ideale e far loro crescere in mezzo a tutta questa merda senza dar loro gli strumenti per difendersi. Ecco, quando avrò questi strumenti, scriverò un qualche libro. Sicuramente non sarà un romanzo. Magari scriverò la biografia a mia madre... O farò un finto epistolario tra due uomini, devono essere due uomini perché devo uscire dalla mia natura femminile, altrimenti rischierei di scrivere una roba pretenziosa e autocelebrativa, come la maggior parte delle scrittrici. Anche se dovrei stare attenta pure nei panni di un uomo, perché potrebbe diventare un po' troppo vicino ai miei gusti personali e se così fosse non avrebbe senso scrivere per gli altri, potrei limitarmi a un diario messo nell'ultimo cassetto della scrivania e intitolarlo "le lagne e i desideri di una post-minorenne".

Comunque ho capito un'altra cosa... Il lettore non deve necessariamente capire di cosa tu stia parlando, ma gli deve piacere e lo deve poter plasmare a seconda della situazione che sta vivendo. 

Per ora ascolterò il consiglio di mio papà, non smetterò di scrivere [mi sono resa conto di odiare i due punti] e non vedo l'ora di avere davanti a me l'unico uomo che non mi giudica e che mi ama incondizionatamente, per potergli raccontare ogni mia paura, per potermi lamentare di tutti coloro che mi hanno maltrattata, ma senza fare troppa pena, perché mio padre sa che sono una persona forte, che mi rialzo sempre e che prima o poi troverò qualcuno che reputo degno del mio ultimo cassetto della scrivania. 


Non ricordavo l'ultima volta che qualcuno mi avesse detto "ti sento". Quando è stato? Come si può non ricordare una cosa del genere? Forse una cosa del genere non è mai esistita nella mia vita. Tutto questo è un po' triste, ma sono giovane... c'è tempo (le ultime parole famose).