venerdì 31 maggio 2013

Radici sott'acqua

Mi sono venuta un po' a noia anche io a forza di scrivere sempre la stessa roba. Sono sempre a parlare del mio paese, di quanto mi manchi, o di quanto mi trovi male in Italia.
Ma stasera mi ha assalito una tristezza disumana, mi sono persino permessa di piangere, ma solo perché sapevo il perché. 

Ieri su skype mio padre mi ha proposto di mandare tutto e tutti affanculo e di andare da lui per tempo indeterminato. Lo vorrei fare, ma qualcosa mi dice che ho da finire delle cose e una parte di me vuole fortemente andare a Londra, anche se non mi aspetta nessuno nonostante molti siano disposti a darmi una mano (qualsiasi cosa esista lassù, che li benedica).
Ma qualcosa mi fa ribollire il sangue e riporta alla mia mente le vie della mia città, o le foglie rosse in autunno, i viaggi in macchina con mio padre, la sua casa con il suo indomabile cane. C'è odore di legno nelle mie mani, dovrebbe essere sufficiente a legarmi a una stanza,  a ricordarmi minuto per minuto il percorso della luce in quella cucina. 
Sono ridicola. I giorni che non passo in treno, sono legata alla scrivania a scrivere di qualcuno, così non sono tenuta a fare i conti con me stessa. E poi nessuno mi domanda mai niente. Solite cose che escono così vuote dalla mia bocca.
Giuro una delle cose più tristi che estemporaneamente mi capita, è non avere nessuno a cui raccontare qualcosa. Vorrei inventare storie, raccontare ricordi, progettare il mio futuro a voce alta. Ma sono tutti attaccati a quei cazzo di smartphone e quindi rispondono a monosillabi, non leggono veramente. O non ascoltano. 


E poi bevo molto tè, continuamente, perché mi ricorda la mia terra e le usanze così radicate nonostante fossi partita quindici anni fa.
Anche se nata nel deserto, ho un forte amore per l'acqua e credo sia questo il problema. Vado fiera delle mie origini a cui non rinuncerò mai, ma non riesco a stare ferma in un posto.


E poco fa mi sono sentita persa, piena di dubbi e sola. Un'altra cosa triste è proprio questa, sentirsi soli. E credo che potrei morire qui, morire di libri e solitudine, perché sotto sotto mi piace, quindi non lotterei granché per avere amici.
Ricordo che tempo fa ero disposta a dare tutto a queste persone, ma c'era sempre qualcosa di più importante di me. Ho imparato ad avere delle priorità anche io, ad avere sempre un piano B perché le persone ti abbandonano quando meno te lo aspetti. Non mi fido di nessuno, ma vorrei disperatamente farlo, questa è un'altra considerazione che ha dato la svolta alla mia serata. 

Non mi resta che fare la valigia, costringermi a non pensare solo alle cose brutte e a sorridere un po' di più alle persone anche quando non se lo meritano. In qualche modo, quando rimango aperta e positiva, oltre alla merda entra un sacco di roba bella ed interessante, quindi vale la pena soffrire un po' per arricchirsi.


sabato 18 maggio 2013

Ciclo vitale

Oggi a pranzo il mio cervello ha scambiato un pezzo di cipolla per un verme. Non mi sono spaventata, quello che fa paura è che l'ho reputato del tutto normale. Probabilmente sto perdendo la testa nuovamente e la cosa non desta alcuno scalpore, non accende campanelli di allarme e io non mi sento in dovere di lottare per fermare questa lieve follia.

Ma l'ho fatto. A volte sembra di avere alle spalle cento anni e di aver cercato di celare quel sottile involucro della propria anima per almeno metà del tempo concesso per amare. 
Ho lottato attraverso mari e monti per conquistare la mia porzione di emotività, per essere in grado di mostrarla e di proteggerla e ho passato il resto dei miei giorni a reprimere lacrime e sorrisi per non vedermi di nuovo calpestata. 
È così umiliante avere paura. Ma è forse peggio non provare niente.

Dopo un impercettibile periodo, i timori svanisco e gli sguardi un tempo quasi palpabili diventano esalazioni corrosive e ogni prospettiva di sogno si perde. 
C'è una piccola bussolao nel mio cuore e ogni volta che mi allontano dalla mia meta, la freccia vibra e la sensazione di disagio si propaga, rimbomba da vena a vena; mi ricorda che persino guardare le labbra di un uomo può disegnare un nuovo percorso e non bisogna delinearne alcuna fine, perché non importa, perché è già stata superata. 
Ma ancora non ho capito cosa significhi. Non riesco a smettere di pensarci, è tutto chiaro, è un cielo limpido e noioso e per niente esplicativo, perché non deve dire niente, perché non ha niente da dire. 

Io amo i temporali invece. Lo sai. Hanno così tante sfumature e suoni. Portano cose nuove, ne estirpano altre, sono assolutamente necessari.
Sono stata espropriata anche io. Evaporo. Attendo. Spero di cadere nel posto giusto.

Altre volte sento solo odore di ruggine.
Un odore di sabbia e metallo di cui diventi assuefatto, come la pelle. Eppure l'ho sentito. So che odore abbia la mia pelle, me l'hai ricordato tu. Non posso che aspettare il prossimo acquazzone e sperare di non dover ripetere il ciclo che le persone come me si meritano minimo una volta nella vita.


lunedì 6 maggio 2013

Il tempo passa

Il tempo scorre a una velocità per me inconcepibile. Solo ieri stavo prenotando il mio biglietto di sola andata per Londra e adesso, a distanza di mesi dalla mia decisione di lasciare l'Italia, sto pensando a cosa mettere in valigia e sto lottando con persone che sapevano tutto, ma nonostante questo non hanno mai fatto niente per ritagliarsi un piccolo spazio temporale per vedermi, per fare foto, qualcosa. Adesso sembra che sia colpa mia che parto, che non concedo loro più tempo per creare qualcosa insieme. Oh, amici miei, sono sempre stata qui e vi ho cercati, vi ho tartassati fino alla nausea e non mi pento nemmeno di un secondo della mia vita che vi ho dedicato.

Però adesso andate in culo.

Sono così grata a chi si è sbattuto insieme a me per riuscire a incastrare gli impegni per vederci, per creare ancora e non vedo l'ora di visitare per l'ultima volta Milano. Voglio rivedere i miei amici. Non sono da considerarsi amici se il sentimento è a senso unico, suppongo, ma voglio chiamarli lo stesso come tali. Che importa se non sono nessuno quando loro mi hanno dato così tanto? Non mi scorderò alcun dettaglio.
Ho in testa Eugenia, seduta dalla parte opposta alla mia, in silenzio. Che bella che è e mi rode un sacco di non poterle parlare di più, meglio, da sole. C'è questo tavolino tondo e piccolo, troppo alto e pieno di birre. Davide sta ridendo tanto e Roberto è affaccendato con le rose. Alla mia destra c'è Giulia, sorridente e un po' timida, ma il suo carattere forte si percepisce dal suo sguardo.


C'è Stefano che corre da un tavolo all'altro, sclerando con i clienti del pub, ma che mi dedica qualche occhiata, che mi vuole bene. A che prezzo... a che prezzo un amore bruciato così in fretta? A quale scopo avvisare di un'imminente inondazione una persona che non avrà mai il coraggio di lasciare la sua amata casa?

C'è Matteo un po' brillo seduto sul divano di casa sua. Mi guarda incuriosito e assonnato e io penso a quanto l'ho odiato perché mi ha fatto aspettare al freddo un'ora il primo giorno. Adesso ho in testa questo sguardo famigliare, come se dovessi ancora scoprire troppo, ma allo stesso tempo come se conoscessi già abbastanza. Non c'è motivo di essere arrabbiati.


Non c'entra molto con Milano ma... è il caso di citare Anna. La mia cara Anna. Una persona sincera, diretta, passionale. Non mi ha mai risparmiato niente, al costo di farmi male. Per questo ho potuto affidare a lei i miei disappunti, i segreti, amore e rabbia. Ero sicura di ottenere un parere incondizionato. Se non è amore questo. Se non sono io a fare così, a distruggere e ricostruire piuttosto che smussare gli angoli per rendere il risultato decente.
Questi occhi grandi e luminosi, sorridenti e preoccupati. Non dimenticherò mai la forza con cui Anna esprime ostilità nei confronti di qualcosa e la dolcezza con cui allo stesso tempo accudisce tutto ciò a cui tiene. Mi sento parte di quelle cose. Nessuna fotografa si è mai preoccupata così tanto per me senza compromettere la riuscita delle foto. È pragmatismo unito all'estrema umanità. Potrei parlare di Anna per giorni... Ma lascio che siano le nostre ultime foto a raccontare qualcosa. Sono impaziente di vederle anche io.

Non potevo non passare da Genova in una delle mie visite a Milano. Genova ha due motivi per occupare una grossa fetta nella mia testa. Il primo è Simone, non è un segreto. Il secondo è Amal, la donna che mi ha detto qualcosa. Il mio cervello tende a ricordare poco le parole esatte, ma sta di fatto che quel qualcosa ha funzionato affinché quella notte non mollassi e che quindi continuassi a scrivere nonostante i buoni risultati con scarsa considerazione professionale. O qualcosa del genere.


Come ringraziare Amal... non so ancora. Sta di fatto che in edicola c'è il numero di Playboy di aprile/maggio e dentro c'è il mio articolo di 9000 battute su Francesca Neri. È il mio primo articolo commissionato da una rivista grossa e cartacea e per arrivarci ho solo fatto vedere il materiale scritto fino a quel momento. Posso dire di avercela fatta davvero da sola, perché quando impazzivo a fare la gavetta come giornalista, nemmeno mia madre mi cagava granché e i miei amici leggevano i miei articoli solo per non offendermi probabilmente. Però Amal mi ha dato la botta di coraggio, non ha detto quello che avevo bisogno di sentire, ha detto quello che pensava e fortunatamente si è rivelato anche quello che mi serviva. E in realtà... si è sorbita anche una telefonata per darmi qualche delucidazione puramente tecnica sull'editoria. Perché non ho mai studiato giornalismo nello specifico, ho sempre detto che amo scrivere, questo è quanto. Ma credo che determinate cose si possano imparare anche strada facendo, con molti più ostacoli, certo, ma la forza di volontà è davvero una cosa magica.

Adesso scrivo meno per GQ Italia invece, però la mia ultima intervista è recente. Ho parlato con Valentina Feula, donna con un'incredibile carattere, con una femminilità che le modelle canoniche possono solo invidiare. Se vi va, date un occhio:
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Torniamo a Simone, che mi ha fatto capire che alcune cose nella vita non cambieranno mai, ed è una sicurezza e per questo l'ho ringraziato così:
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all'interno c'è un mio articolo che parla di un progetto di Simo, un lato totalmente sconosciuto di questo fotografo, ma a mio avviso da non sottovalutare.


Scrivo spesso ma con scadenza saltuaria su Reykjavik Boulevard Magazine. Quando avevo sottoposto loro il mio materiale, non avevo idea che fosse stato creato da Nicco, ma forse è meglio così, è stato un modo più puro di riavvicinarsi. È una piattaforma incredibile e il tocco di questo uomo è in ogni dettaglio, ogni frase, proprio per questo gira a 360° tra fotografia, musica e altri tipi di arte visiva. Ho molta libertà creativa nei miei articoli, ho delle dritte iniziali, segue qualche correzione alla fine, ma sostanzialmente mi muovo senza limiti e per questo viene fuori la mia parte più romantica e sensibile. Adoro descrivere le persone e RB mi permette di farlo nel migliore dei modi, il mio.
Scrivere per RB non è un lavoro, anzi, ogni volta non vedo l'ora di cominciare e questo è piuttosto strano. Scrivo sempre volentieri, ma non ho mai voglia di cominciare, perché il rischio di trasformare la propria passione nel lavoro è questa, diventa un obbligo e gli obblighi non piacciono a nessuno. Ma in questo caso no.
Mi ricorda di quando ho cominciato, con C-Heads Magazine, avevo piena libertà, nessuna scadenza ed ero io stessa a portare l'articolo a termine il prima possibile. Fremevo.
Dopo svariate interviste l'entusiasmo si è un po' spento. Sono felice che quella parte di me sia ancora viva. Forse per questo nell'ultimo periodo non ho toccato il mio blog, mi esprimevo già altrove, anche se in altri modi.

Andrà bene. Non sarà facile, ma andrà bene.


Cheers.