mercoledì 6 marzo 2013

Quando Gabri è nei paraggi

Ho conosciuto Gabri per caso su twitter, pare mi seguisse da un po' e come ogni persona che non demorde dopo le prime tre cazzate che sparo, è giusto incontrarsi.
Sono un pochino misantropa, finché beviamo insieme per una notte e al mattino dopo ci salutiamo, io sono affettuosa e carina, dopo voglio solo stare su internet e prendermi i miei tempi per rispondere. Io odio la fottuta chat di facebook, lasciatemi in pace, mandate messaggi, non pretendete che risponda subito anche se ho letto.

Insomma, le persone mi stressano solo col fatto di esistere. Come la mettiamo?


Per questo con Gabri vado d'accordo, non mi rompe le palle, ma non si dimentica di me e quando ci becchiamo prende la macchina e sputtana un paio di rullini mentre mi rotolo su ogni superficie igienica e non. È questo che amo di lui, è questo ciò che mi ha colpito. Nella chiacchierata preliminare, il che suona quasi come una cosa seria da moodboard e altre cose utili per creare un set coi fiocchi, mi deve aver detto una cosa tipo "ma io faccio solo foto agli amici, per divertimento, per ricordo". Sì, ha detto qualcosa di simile e io pensato "finalmente".

Mi ha raggiunto e abbiamo creato questo improbabile mix di strade, lampioni, muri verdi e capelli rossi. Ci siamo divertiti e non avevamo alcuna pretesa. Forse una volta ci sarà andata bene con la luce, per il resto questo ragazzo, da vero uomo hey baby ci penso io, non ha fatto foto al buio, ma poco ci mancava. Quando c'è Gabri nei paraggi, ogni particella, si dice particella? di luce gli si attacca addosso e l'obiettivo diventa qualcosa come l'occhio di un gatto. 

Io ho creduto in lui e lui, non so se perché coglione o per affetto o pena o gentilezza, mi ha lasciato scattare qualche polaroid, poi si è tolto la maglia e si è lasciato trascinare per gli angoli della casa perché io provassi a scattare a pellicola. Non è per un cazzo facile, ma quando senti scorrere un meccanismo interno che trascina probabilmente uno di quei momenti che un giorno potrai sfiorare con le dita, continueresti a premere il pulsante di scatto all'infinito. È passionale, nel senso, appassiona, è da viziosi. 
Poi va beh, a me viene fuori una merda, probabilmente perché la Zenit che mio padre ha saputo custodire per circa quarant'anni, ha cominciato ad avere problemi nelle mie mani. O forse perché me ne sbatto e scatto a caso. Perché no? Non spaccio le mie foto per arte, o per belle foto, o per immagini suggestive, voglio solo avere quei cazzo di negativi e sapere che niente è perduto.

Insomma Gabriele è per me il tipo ideale. Non fa domande inopportune, non dice mai di no quando si tratta di scattare, non mi chiede di cambiare disco al quarto giro di Rubber Factory dei Black Keys, non si offende e non mi punta il dito contro quando sbotto. È una persona gentile e genuina, autentica e ha questa capacità di incazzarsi solo per le cose che contano veramente, alcune volte l'avrei strozzato per quanto è inopportuno nello sdrammatizzare in situazioni delicate, ma è la famiglia che mi sono scelta. È per me prezioso, semplicemente per il fatto che sia esistito nella mia vita e abbia assaggiato una porzione delle mie abitudini.


Non lo so Gabri... buttati cazzo, hai tutte le carte in regola per vivere a 360°, ovunque tu voglia. Poi un giorno ci incontreremo di nuovo e mi farai vedere le tue foto.
MI hai fotografato così come sono, hai immortalato attimi della mia vita e vederli ora da fuori mi fa un po' strano. Guardo queste scansioni e mi dico "merda... sono io".


You know what the sun's all about,
When the lights go out



martedì 5 marzo 2013

Le età

Ho passato le ultime notti a editare testi su testi, mi sono persa tra accenti sbagliati, virgole distribuite al mercatino dell'obsoleto e le maiuscole facoltative. Ho cercato i mille modi per entrare nella testa dei miei interlocutori, per rendere i loro periodi fruibili, per dare un senso ai loro pensieri.
Scrivere è come disegnare, si possono avere tante idee in testa, ma se manca la tecnica, se non ci sono le basi, la matita sul foglio seguirà un corso casuale ed incomprensibile. Le persone che non sanno disegnare, si astengono dal farlo, almeno nella maggior parte dei casi, perché chi non sa scrivere si ostina a farlo?
Non voglio passare da arrogante, sto solo analizzando la situazione, non sono nessuno, però mi arrivano tante richieste per GQ, qualcosa vorrà dire, se non per chi si propone, per chi mi pubblica.

Io non mi faccio problemi a correggere gli articoli, le interviste, le parole che i fotografi cercano di utilizzare allo scopo di promuovere le proprie immagini. Il loro lavoro è quello di fare foto, il mio è quello di scrivere. Certe volte vorrei dare fuoco al computer, pagare un serial killer e scappare in Cambogia, perché un conto è non sapersi esprimere, un altro paio di maniche è non aver mai ascoltato la maestra alle elementari. Ma comunque... Comunque cosa? Va bene così.

Mi metto le mani nei capelli quando ascolto i giornalisti in televisione, quando leggo alcuni blog che hanno la pretesa di essere seri, quando mi annoio alla prima domanda di un'intervista, o quando mi vengono i brividi negli articoli scritti coi piedi.
Sento di poter dire questo, non ho paura di farlo e so esattamente chi si sentirà preso in causa. Sto parlando di una cosa fondata, tangibile, ne ho le prove "scritte".

Al mattino invece sollevo gli occhi verso la finestra e mi rendo conto di quanta merda venga detta in giro, senza alcune fonti attendibili. Bisogna stare attenti con chi si parla, in che occasioni; non basta dosare le parole, restare in silenzio non fa che fomentare voci. Non c'è niente che io possa fare, ma vi assicuro che so ogni singola cosa che gira sul mio conto e so da quale bocca è uscita ogni singola frase. E domandatevi questo: "se sta sputtanando Nina con me, dov'è la garanzia che non sputtani me con Nina?"
Non c'è alcuna garanzia e io, infatti, so tutto.


Ho deciso di andarmene, non mi trattiene qui niente, nessuno. Vivo in un incubo di invidie e voci di corridoio, lavori sottopagati e una situazione politica disastrosa. Ho eliminato gli amici, ho scelto bene i nemici, sono rimasta sola e di nessuno e ho nel cuore una leggerezza che non sentivo da anni. C'è qualcuno a cui aggrapparsi, ma non lo farò, mi limiterò a guardare queste persone negli occhi e dire quanto voglio loro bene, quanto io apprezzi il fatto che non mi abbiano mai giudicata. C'è chi mi conosce così bene e nonostante tutto è lì, è così rassicurante, sento questo tremito che attraversa i polmoni nel pensare che c'è chi mi ama perché sono inopportuna e diretta, chiara e polemica.

Da quando avevo cinque anni non ho fatto che andarmene, non per volontà mia. Mi hanno insegnato a fare così, mi hanno fatta così, quindi posso solo spostarmi da un fiume all'altro in cerca di acqua, da un monte all'altro perché il vento mi sussurri cosa devo fare. L'amicizia non teme distanze dopotutto e se muore va bene lo stesso, perché ho eliminato dalla mia vita ogni aspettativa. Anche se tutto sommato vivo di sogni. È strano. Sognare non è come aspettarsi delle situazioni. Non voglio precludermi la possibilità di creare legami, ma al momento non ne ho le forze, voglio solo scrivere e fare finta che l'analfabetismo sia una cosa ormai superata.

Ascoltando le persone che rispondono alle mie domande, talvolta ho l'impressione di essere nella distopia di Orwell, un mondo disinformato, asettico e con una sigla per ogni concetto. Un po' mi fate paura, lo sapete? 


Ah! Ho smesso di utilizzare Helvetica, perché ho finalmente scoperto perché non riuscivo a fare questo: - È -
Grazie Amal, per avermi teso la mano quando stavo per abbandonare il mio sogno impossibile.


Invece... una cosa fantastica che ho letto tempo fa: "A tiger doesn't lose sleep over the opinion of sheep".