Siamo stati chiusi qui per ore. E' bizzarro che non mi sia mai successo con nessun altro, io amo questo posto. E abbiamo fumato, un sacco e bevuto il caffè e fatto foto. Quanto tempo possono passare due persone in bagno prima di rendersi conto che è il momento di tornare alla propria vita? Infinito tempo. In un bagno senza finestre il tempo passa troppo velocemente, se invece dalla finestra la luce filtra sempre più fievole, scende la malinconia. Uscire da lì è traumatico quanto scendere dall'aereo tornati da un posto chiamato "casa". E poi si può fare l'amore senza menate e poi farsi la doccia, o il bagno, o interrompersi per fare pipì e poi farlo di nuovo e ancora e fermarsi senza remore e bere altro caffè. In una camera da letto non è così, è più comodo, è più rassicurante, eterno. In un bagno si ha la percezione di ogni secondo molto più palpabile. Si ha più desiderio di rimanere vicini, troppo vicini. E' un posto neutro ma non sterile, è intimo ma non troppo personale. E' il punto d'incontro perfetto in una casa qualsiasi. Eppure trovo sempre sintonia nella cucina. Forse dovrei misurare la mia compatibilità con le persone portandole in bagno. "Qui è dove leggo, o da dove ti ho sempre scritto le lettere". Ho paura degli sguardi perplessi. Ho paura di tornare a dormire con qualcuno in una camera da letto.
Ma che importa? Cosa importa quando io e te eravamo consapevoli del fatto che non appena avremmo messo piede fuori da quella porta, non ci saremmo mai più cercati? Solo col pensiero, solo in bagno. Adesso andrò ad asciugarmi i capelli e ad occhi chiusi immaginerò te a sfiorarmi le punte bagnate. E non sarò a casa mia e tu avrai mille volti diversi. Io, solito portale, un sapore totalmente nuovo e sensazioni familiari. E' come se io potessi recitare infinite parti senza mai dimenticarmi chi sono. Infiniti autentici copioni della stessa vita. Sono io. Amo guardare le ragazze mentre si truccano in bagno.
Sono
sul nuovo trasporto viaggiatori e il fatto che io abbia potuto
scegliere a chi dare i miei soldi per ritrovarmi magicamente a
Milano, mi consola infinitamente, poco importa se non ho risparmiato
quanto sperassi.
La
signora accanto a me si è fatta il segno della croce (per
abbandonarmi poco dopo) non appena siamo partiti e io penso che siamo
nel 2013 e che niente sia cambiato.
Negli
ultimi due giorni, passati a Firenze in posti che reputo infiniti, mi
sono addormentata con grandi difficoltà. Pensavo che siamo nel 2013
e che ancora amo certe persone, le loro abitudini e il mondo che
hanno condiviso con me. E' come se quel portale non si fosse mai
chiuso e io sono felice di poter varcare la solita porta più volte.
Pensavo
al fatto che ci siano determinate convenzioni, non sociali,
prettamente emotive e di un finto rispetto dettato dall'insicurezza.
Perché se inizio una nuova relazione non posso più parlare delle
mie storie precedenti? Credevo fosse naturale sentirsi infastiditi e
in passato non negherò di aver sentito quel piccolo ago conficcato
nello stomaco, ma ero piccola e insicura, paranoica, scambiavo
l'innamoramento per l'ossessione. E invece no. Ognuno dovrebbe
sentirsi libero di raccontare parti della propria vita, includendo
sentimenti, passioni, amore. L''uomo vive con e grazie agli altri,
non si può narrare un romanzo che parli di passeggiate in solitudine
e di grandi seghe a due mani. Se il mio uomo non mi racconta mai
delle donne che ha conosciuto, con cui è stato a letto, in cui ha
trovato qualcosa da rimbambirlo talmente tanto da farlo diventare
quello che adesso a me piace tanto, mi domando che razza di uomo sia.
Non sto dicendo che io sia disposta ad amare un essere umano per
quello che è stato, ma se adoro quello che è diventato pretendo di
sapere, perché sono curiosa e passionale.
Dal
canto mio soffro se non posso raccontare a qualcuno di importante per
me, come siano nate alcune mie abitudini e piccoli piaceri.
Perché
gli uomini non sono disposti ad accettare il fatto che io abbia un
passato, anche sessuale? Perché sono obbligata a chiudere una
scatola di cui non ho vergogna di mostrare i contenuti solo per
placare le paure altrui immotivate? Dopotutto gli ex, sono ex e il
fatto che abbiano amato l'odore della mia pelle una volta, non
significa che siamo ancora compatibili, soprattutto emotivamente.
Facciamo
che me ne sbatto. Sono libera e mio padre mi ha sempre insegnato a
lottare per la mia libertà, perché noi siamo convinti che al mondo
esistano persone a noi affini in questo. Dopotutto rimarrò comunque
sola, amore o non amore, è una condizione per me fondamentale per
creare.
Le
mie amiche non mi hanno mai chiesto dettagli sulle giornate che
passavo con i miei partner, sono sempre stata piuttosto invadente io
nel volerne parlare, perché sono una persona aperta e se trovo
qualcuno disposto ad ascoltare non ho paura di rischiare nel lasciare
andare la passione che mi schiaccia il cervello verso il basso.
Ma
scrivere è sempre più bello, non impone orari, regole e se c'è
qualcuno che sta leggendo, è perché vuole farlo, perché mi cerca,
o perché è semplicemente curioso, il che va benissimo. Mi piacciono
le persone discrete e curiose, sono quelle di cui non smetterò mai
di innamorarmi. Sono persone che non smetterò mai di cercare.
Per
questo scrivo. Ho bisogno di riordinare i ricordi, le idee e rendere
giustizia ai piccoli dettagli che hanno composto le mie relazioni.
Nomi
e riferimenti puramente casuali.
Io
amavo Gessica. La amavo sul serio, ma non avevo ancora abbastanza
rispetto dei miei sentimenti per poterglieli trasmettere e so che ne
ha sofferto molto. Ce ne stavamo svaccate per ore nella mansarda,
slittando dai Sex Pistols a qualche altra cagata inascoltabile. I
primi tempi erano così casti, era un amore puro, almeno da parte
sua, una cosa da film in cui le ragazze non si toccano. Io avrei
preferito spararmi nella tempia piuttosto che guardarle il culo e
fare finta di niente, ma amore è anche resistere. No? No. Ma eravamo
così carine. Abbiamo pomiciato in tutti i bagni della scuola e in
camera oscura durante la fase di sviluppo. Il ricordo della sua bocca
così morbida è quello capace di svegliarmi nel cuore della notte
per domandarmi se io non sia lesbica e se abbia ancora senso uscire
con gli uomini.
Jonathan!
Oh
Johnny Boy, la fase più inutile della mia vita, il ragazzo ideale
per la mia pigrizia. Anche con Johnny passavamo ore chiusi in una
camera con le pareti verdissime, un sacco di prodotti per vegani e il
computer sempre acceso per musica e film. Non siamo mai riusciti a
finire di guardarne uno, finivamo per scopare più o meno dopo la
prima mezzora. Andava più o meno così: arrivavo da lui venerdì
sera e l'idea era quella di andare via lunedì mattina per andare a
scuola. A volte accadeva che Johnny mi accompagnasse all'entrata di
quell'istituto di merda, e io ne andavo infinitamente fiera, perché
tutte le ragazze volevano toccare i riccioli biondi del mio fidanzato
con gli occhi verdi. Altre volte lunedì mattina mi lavavo i denti e
tornavo a letto.
Mi
domando ancora come io sia riuscita a dormire appiccicata a un uomo
in un letto singolo. Forse era vero amore. Forse non abbiamo dormito
granché.
Anche
con Andrea uscivamo poco ed eravamo in perpetua attività sessuale.
Ci vedevamo solo il weekend e solo in quegli anni sono riuscita a
tenere insieme amore e amicizia e storia saffica parallela, pubblica
e consapevole. Non ho idea di cosa cazzo stessi facendo, ma i miei
sentimenti erano puri ed ero ancora tutta da scolpire, per questo
quel periodo ha contribuito molto a ciò che sono. Una persona libera
e sincera. Forse per questo mando a puttane i miei contatti
lavorativi migliori, non riesco proprio a leccare il culo alla gente.
Quindi se mi vedete sorridere e dirvi qualcosa di carino, è perché
lo penso veramente.
Ho
rubato un sacco di magliette ad Andrea e anche un paio di pantaloni
nella nostra quarta fase di riallaccio. Adoro i vestiti da uomo e
stare in casa di un uomo con una tshirt un po' troppo larga è per me
l'apice dell'erotismo e della dolcezza. Tenere sulla pelle l'odore
della persona che ti piace anche quando questa è affaccendata in
qualcos'altro.
Ho
sempre pensato che con Andrea avrei avuto dei figli bellissimi, un
giorno, quando sarei stata pronta, quando sarei stata in grado di
dimostrare a me stessa quello che valgo come donna.
Ancora
oggi il suo odore è qualcosa che mi torna nella mente nei momenti
più improbabili, come quando si annusa qualcosa di nuovo e alla
mente salta il ricordo della casa in campagna della nonna... o che ne
so.
Quando
pronuncio il nome Marco i polmoni mi si riempiono di caffè, nel
vero senso della parola. Non riesco a pensare ad altro e fa male
tutto.
Le
nostre mattinate erano così silenziose. Mi sentivo in un mondo
parallelo senza senso.
Lui
si faceva la doccia, quando non eravamo a farla insieme, sempre in
silenzio, e poi metteva su il caffè e accendeva la musica. Quando
non gli girava il cazzo, di cui ossessivamente mi sentivo la causa,
mi sorrideva e io mi ricordavo di quando ci siamo conosciuti ed
abbiamo quasi rischiato di bruciare il caffè perché ci siamo
baciati proprio in quella cucina. E' un ricordo per me violento,
doloroso e bellissimo. Marco mi ha insegnato a guardare i film con
occhi diversi, a rispettare le abitudini che contribuiscono alla pace
interiore e a resistere agli impulsi sessuali nei posti pubblici.
Francesco
è l'uomo più grande e più idiota con cui io sia mai stata. Ricordo
di avere perso la testa per il suo naso incredibilmente
cinematografico, era sesso puro. Ero innamorata e mi concedevo come
una cretina dopo infinite canne e liquore al cioccolato davanti la
tv. Non ho mai preteso niente e la nostra relazione, se così
possiamo chiamarla, non è andata oltre un mese, ma ho memoria di un
momento in cui mi sono illusa davvero. Era mattina presto e io
dormivo a casa sua, lui si è alzato, si è vestito e ho sentito
invadere la mia zona di conforto con un profumo da uomo, molto
costoso, mi ha dato un bacio sulla fronte ed è sparito. Per sempre.
Ho chiuso la porta di casa sua nel pomeriggio e ci sono tornata un
anno dopo per illuderlo a mia volta. Se lo meritava. Io pure. Siamo
pari.
Grazie
a Francesco non sottovaluto più la mia dignità di donna.
Non
smetterò mai di ringraziare Simone per avermi insegnato l'umiltà,
la discrezione e il concetto “fottesegavadoavantilostesso”.
Mi
domando se lui si ricordi della nostra isola ai confini del mondo,
quella capace di contenere due persone soltanto alla deriva di
qualche cosa di intimo e fragile.
Il
nostro periodo rock 'n roll è indimenticabile, ma è per me dolce,
irresistibile come la marmellata al lampone. Se ripenso alla sua
risata contagiosa sorrido pure adesso, da sola in mezzo alla gente e
non me ne vergogno. Ho come l'impressione che Simone non si sia mai
vergognato di avermi al suo fianco, mai, neppure quando scleravo
pesantemente. Mi assecondava e ci godeva, eravamo una squadra
indistruttibile e non ho memoria di un complice tanto prezioso quanto
lui.
Ricordo
il suono della sua macchina, quel piccolo mezzo che non aveva mai
paura di mettere in moto per andare a fare follie alle 2 di notte.
E
David. David... David... e quel pezzo di autostrada con Anesthetize a
palla, la luna piena, e la sua sensibilità per i miei svarioni
spirituali. Non ho mai avuto un sostegno così forte da parte di un
uomo, nonostante David biasimasse alcune delle scelte più importanti
che io stessi intraprendendo in quel periodo, non mi ha mai imposto
di reprimere la mia vera natura e il fatto che a volte fosse grezzo,
nel senso di non levigato, mi ha aiutato a diventare forte,
autocritica e consapevole dei miei poteri.
Non
dimentichiamoci che è stato l'uomo che mi ha tenuta perché non
svenissi di dolore in Slovenia durante un festival metal pieno di
fango e di hamburger cotti troppo. E' l'uomo che mi ha abbracciata
forte in un bosco, credendo a ciò che stessi vedendo in quel
momento. E' l'uomo che ha saputo guardarmi negli occhi.
Luca
mi ascoltava nel silenzio più assoluto, stava composto ed è buffo
come anche ora le cose siano rimaste pressoché invariate. Non
inseriva nemmeno una parola durante i miei racconti, non aspettava
mai il suo turno per parlare, mai. Non spartiva consigli non
richiesti, diceva solo la sua opinione, o mi abbracciava. Luca c'era.
Luca c'è. E' quella figura che cerco nella folla, di cui colgo lo
sguardo quando mi sento persa. Luca è un amore che va al di là
delle stupide convenzioni sociali e preferisco rimanga così,
incondizionato.
Ho
sempre un po' l'impressione che qualcosa sia mancato, che non abbiamo
dato la possibilità alle sensazioni di sbocciare come in ogni
passione dovrebbe succedere. Ma è perché siamo così. Silenziosi.
Freddi. Con l'Inferno che arde i polmoni e la lava che non brucia mai
abbastanza per rompere le vene e sgorgare all'esterno distruggendo
tutto. Il nostro amore è così, distruttivo. Non ci si può fare
niente.
Non
voglio stendere un elenco degli uomini importanti nella mia vita,
sono solo ricordi che ho bisogno di portare alla luce, per realizzare
che non sia stato un sogno, per esprimere quello che a loro non posso
più dire, per svuotare un po' il cuore di un amore intrappolato
senza aver mai raggiunto l'apice della propria esistenza.
Questa
sono io. Sono anche questo. Gli uomini con cui sono stata. Le donne
che non ho saputo amare abbastanza.
A
questo penso in questi giorni e faccio fatica ad addormentarmi,
perché mi domando come possa finire tutto così, dopo aver inciso
una parte invisibile del corpo. Perché le cose finiscono?
Per
questo mi sento libera di piangere in un treno pieno di persone
sconosciute che non conoscono il mio dolore e che reputano debole una
donna capace di mostrare le sue emozioni quando non è costretta a
farlo, ma quando ne ha bisogno.
Quando mi scrivono: "Faccio -inserire attività- per passione", mi si accappona la pelle. Ci avete mai fatto caso quanto renda meno di quello che rappresenta per il nostro cuore? E' come per dire che se la fotografia o la scrittura o il canto non siano cose che facciamo esclusivamente per lavoro, allora sono passioni, sono hobby, sono cose secondarie. Non so perché vi si attribuisca un significato così effimero, credo sia lo stesso motivo per cui ho smesso di scrivere ti amo, figuriamoci pronunciarlo.
In "Stagioni Diverse", Stephen King rende perfettamente l'idea di quanto le cose, una volta pronunciate, diventino fragili e perdano quel significato magico ed infinito che avevano nella nostra mente.
Per me la scrittura è una passione. Non sono scrittrice, non sono giornalista, sono solo una persona che non sa parlare, ma che cerca per ore le parole da stendere su carta bianca per poter descrivere almeno in parte un sentimento, una sensazione.
Ricordo la prima volta che ho visto una foto di Massimiliano Rossetto. L'ho guardata a lungo e mi sono sentita altrove. Non esistevano parole e non servivano, perché c'era già la foto. Eppure sentivo comunque un bisogno quasi fisico di comunicare al mondo esterno quello che stessi provando. Poi non ci ho più pensato, fino a quando qualche mese fa in Svizzera, mentre stavo conoscendo quello che sarebbe diventato uno dei miei migliori amici telematici, un ragazzo non mi ha offerto della focaccia fatta da lui. Mi è sembrato un po' bizzarro, un po' affascinante. Poi non ci ho più pensato, fino a quando sono andata a vedere la gallery del mio misterioso panettiere e ho realizzato che quella famosa foto non fosse altro che un suo autoritratto.
Il mondo è fottutamente piccolo.
Quando rimango colpita dalle immagini, ho sempre voglia di ringraziare gli autori. Siccome mettersi a fare troppi complimenti risulta arrogante, invadente e non rende mai giustizia a quello che provo, scrivere un breve articolo o un'intervista, è il modo migliore per esaltare le proprie emozioni e risultare socialmente accettabili.
Mentre facevo i salti di gioia per la mia pubblicazione, sì perché sono estremamente semplice e gioiosa a differenza di quello che molte persone pensano, mi è arrivato un messaggio dall'editor di GQ e ho scoperto che altri miei "ringraziamenti" sono andati online. Roberto è una persona umile, gentile, timida e conosce il valore del silenzio. QUI L'INTERVISTA