mercoledì 31 ottobre 2012

Almaty

Sono qui seduta con le finestre spalancate, fuori è freddo e dei kazaki fanno baldoria nella casa di fronte. Non è granché, ascoltano proprio roba di merda.

Sono qui in un altro continente che non ho più il cuore di chiamare casa, l'Italia non mi manca, oh se non mi manca, ma qui non mi sento del tutto a mio agio, forse è ancora presto. La città è bella, grandissima, piena di bei palazzi, di farmacie giganti dove ti vendono anche le calze e di ipermercati che hanno una sezione intera solo per i dentifrici.
All'interno vi puoi bere la birra o comprare del pesce secco in dei pacchetti che ricordano le caramelle. Nel centro commerciale trovi il cinema, la pista da pattinaggio sul ghiaccio e l'internet point aperto 24 ore su 24.
Le strade sono larghe e il traffico nel pomeriggio è inaffrontabile, i parchi sono molteplici e i mercati sono convenienti, il parcheggio si trova senza problemi e ai semafori c'è il conto alla rovescia per il verde.

Ma sto leggermente fuori dal caos e di fronte a me c'è un'antenna di un centinaio di metri grazie alla quale mezzo Kazakistan può guardare la televisione.
Nel cortile c'è un cane prettamente asiatico, dicono fuori non si trovi facilmente, viene esportato ed è una razza creata per uccidere chiunque cerchi di violare il tuo domicilio.
Oggi ho provato a dargli da mangiare e ha cercato di impossessarsi anche della ciotola, ha la testa grande quanto tre mie e se si alza sulle zampe posteriori è più alto di D.
Prendo come esempio D. perché mi manca, è l'unica cosa a mancarmi dell'Italia e direi che è una bella sensazione. Tra qualche giorno sarà peggio, starò più a mio agio qui e odierò di più l'Italia e vorrò invece avere lui vicino, più vicino.
Ogni livido sarà perdonato.

Domani io e mio padre andiamo a prendere la Zenit, una vecchia reflex analogica che lui aveva regalato a una tipa, oggi l'ha sentita dopo anni e ha scoperto che la macchina non le serve, che funziona ancora senza problemi e che giusto due giorni fa l'ha trovata in cantina (da tagliarle le manine) e ha pensato che forse sarebbe stato il caso di renderla al proprietario originale. Le coincidenze.
Voglio affrontare la fotografia a pellicola, voglio pochi scatti a disposizione, l'attesa dello sviluppo e la MIA totale dipendenza della riuscita della foto. Non mi dilungherò negli effetti che una macchina del genere produce, rispetto a una ricostruzione dei colori digitale, ma senz'altro li preferisco.

Tra qualche giorno incido un paio di pezzi nello studio di papà, dove poi dormo in realtà, ha deciso di rincularmi quassù da sola perché mi conosce e perché sa che non tocco la sua roba.
Sono eccitata all'idea, perché i pezzi sono blues e io non canto seriamente blues da anni. E mio padre è un musicista incredibile, non voglio né posso deluderlo e mi emoziona ogni volta che mi prendo un "brava", vuol dire che me lo merito davvero.

Dovrei finire di lavorare a un paio di interviste, ma posso solo attendere, ho fatto, per il momento, tutto quello che dipendeva da me. Saranno due bei articoli, significativi per me su più fronti. E poi le fotografe/modelle (fanno degli autoscatti della madonna) sono con un cervello così e quando incontro donne del genere mi attivo subito, ho bisogno di persone stimolanti, perché maturo, faccio cose migliori e ho un confronto puro con il mio stesso sesso. Succede di rado.

Non so, volevo scrivere un sacco di cose, ma i pensieri si sono accavallati e ho in testa dei pesci che nuotano in un acquario del supermercato con sopra appesi i prezzi al kg.

Quante cose da fare in due settimane, quante da raccontare, ma poi penso che forse le foto sono più esplicative, anche se queste fanno piuttosto cagare, scattate proprio da turista, non avevo voglia di perdermi, volevo essere istintiva e documentare e poi la mia dgt fa cagare, è limitatissima. Quando non ho il totale controllo sulla luce che voglio catturare mi saltano i nervi, allora meglio guardare e tenersi le cose nella testa e lavorare sul proprio linguaggio, sui termini e sulla giusta costruzione della frase per rendere le impressioni a parole. Se c'è qualcuno disposto ad ascoltare, vale sempre la pena esprimersi bene, accuratamente e senza aver paura di emozionarsi nel portare alla luce dei ricordi.

Vaneggio. Vi lascio alle foto, magari nei giorni seguenti riesco pure a mettere insieme due frasi sensate.

Non c'entra nulla ma... che figo è questo video? 



M.I.A, Born Free from ROMAIN-GAVRAS on Vimeo.












giovedì 25 ottobre 2012

Charin

Ho questo ricordo limpido di una giornata estiva caldissima. Intorno a me si estende il deserto per miglia e miglia e ogni tanto davanti alla macchina appaiono un serpente, un coyote o una marmotta. 
Io e mio padre non ci parliamo, perché il vento che entra dai finestrini abbassati è assordante. Poi quando ci sono così tante cose da guardare, parlare è dispersivo, inutile. 

Ho il vizio di fissare gli uomini negli occhi, potrei farlo per ore. Lo facevo con papà ed ero convinta che dietro la cornea crescessero dei girasoli. C'era questa pupilla nera e spaventosa e intorno infiniti petali che andavano a comporre l'iride. Chissà come sono adesso gli occhi di mio padre...

Il cielo è sfondato di azzurro e questo kazako folle seduto di fianco a papà sta indicando l'arrivo di un tornado da Est. Ma niente paura dice, non ci dovrebbe nemmeno sfiorare.

Non ho mai affrontato un viaggio così tanto lungo prima d'ora, non in macchina per lo meno. Ma non mi sono annoiata un attimo, perché il marrone è il mio colore preferito e il sole è ancora in grado di darmi sensazioni piacevoli. Diciamo che la previsione di una tempesta che dovrebbe coagulare il sangue bloccandone l'arrivo al cervello, c'è, ma io ancora non lo so. 

Non so ancora quanti temporali mi attendono all'orizzonte, né sospetto dell'esistenza dell'amore tra uomo e donna. Non so di essere io stessa frutto di un amore folle.

Finalmente giungiamo al limite davanti a questo varco spazio temporale incredibile, un burrone che si estende per chilometri, sembra un serpente inciso nella terra rossa come il sangue. Mi sento un parassita che sta per esplorare le vene proibite di un dio maledetto e temuto dagli uomini. Saremo dei piccoli globuli incanalati verso un'unica meta tumorale, un ritrovo di quelli come noi, diagnosticati come il male della terra. Siamo questo e io già lo so e mentre mi faccio questi viaggi, che all'età di sei anni non so descrivermi, mi rendo conto di essere da sola e in lacrime, bloccata lungo una discesa sabbiosa all'altezza di un centinaio di metri. Il sentiero non è ripido, ma sono troppo in alto e agli uomini non è dato vedere così tanto in una volta sola. Piango e chiamo papà, non so scendere. 

Mio padre, dopo aver fatto il suo dovere di uomo che ha ben pensato di estendere il suo ego creando, insieme a mia madre, un corpo completamente nuovo e cosciente, cioè io, si ritrova a portarsi appresso questo essere spaventato e biondiccio, sporco, affamato e lento. I figli sono un peso, un sacco di amore e soddisfazioni, ma fino ad una certa età sono limitati. Per mio padre non ho limiti e col senno di poi mi rendo conto delle infinite prove a cui mi ha sottoposto.
Mamma dice volevano un maschio. Ma lo realizzo solo ora, i keds, i jeans e le camice di flanella che hanno mascherato la mia femminilità fino alla fine, non sono mai stati un campanello di allarme. Sarebbe poi servito a qualcosa saperlo prima? Sono felice anche così.

Dopo svariati chilometri spalanco gli occhi alla vista di un fantasma blu, così cristallino ed indipendente da congelarmi sul posto. Deve essere il cuore, penso, deve essere il cuore del deserto. 
Un fiume che scorre all'infinito, di cui non puoi sapere l'origine, di cui non puoi prevedere la fine e così gelido da non permettere a nessuno di contaminarlo. Ringrazio la terra per aver protetto così bene una cosa tanto preziosa. Per avere questi privilegi bisogna lottare. Nella vita bisogna lottare e mi rendo conto proprio di questo nel momento in cui mi padre prende per il collo il kazako e lo affoga nell'acqua! Non riesco ancora a proferire parola e non capisco perché sangue del mio sangue stia facendo una cosa tanto violenta di fronte a un mondo così puro. Com'è possibile che un posto del genere susciti pensieri così cattivi? 
Ma mi ci vuole poco per individuare la radice del problema. Mi guardo intorno e vedo qualche cartaccia, una bottiglia di vodka e un'anguria spaccata. Credo che papà si sia incazzato per questo e nel frattempo il kazako, infreddolito ed annaspante, è diventato sobrio tutto d'un colpo.
Sono allibita, come può aver bevuto durante tutto il viaggio senza cadere poi dal burrone sfracellandosi la testa? Mi si disegnano nella testa piccoli pallini di terra umidiccia di sangue. Una pioggia kazaka super splatter polvere alla polvere cenere alla cenere. Non mi fa per niente ridere e ringrazio con gli occhi mio padre per averci evitato questo spettacolo nella previsione della via di ritorno.

A volte, oggi, a ventiquattro anni, certe cose così belle suscitano violenza anche in me. Quando vedo preservativi sotto gli alberi, bottiglie che galleggiano nei ruscelli di un tempo, radici fatte saltare per aria per affiancare la sauna ad una dacha, il sangue comincia a bollirmi surriscaldando la pelle, divento rovente e voglio uccidere. Presto non ci saranno più fiumi per i kazaki. Perché nessuno affoga i kazaki?

L'essere umano è uguale alla terra, in scala ridotta. Abbiamo il sangue, la pelle, le vene, il cuore, i polmoni. 
Perché mi rendo conto di questo a sei anni mentre un kazako di cinquanta sta sputando su anni di evoluzione?


Nel deserto ho capito due cose.
La prima è che i kazaki mi stanno sul cazzo, la seconda è che sono fiera di avere le mani sporche di terra, di una terra rossa e grumosa, piena di vermi, di ragni e di tutte le creature grazie alle quali probabilmente questo cazzo di mondo si regge in piedi.
Sono orgogliosa di essere nata in Kazakistan, sono orgogliosa delle mie origini e di quel poco che del nostro pianeta ancora rimane. E non mi azzarderò a insultare gli italiani, mai, non solo perché mi sento ancora ospite in questo paese, ma perché se muore l'Italia, probabilmente muore anche tutto il resto, perché siamo tutti di fronte ad un unico enorme burrone e non ci sarà alcun padre a prendersi cura di noi quando piangeremo da soli su un sentiero pericoloso ad un'altezza dimenticata persino da dio.


p.s. Nel mio bagno vive un ragno, l'ho chiamato Sisifo perché ogni volta cade nella vasca e nonostante tutte le fatiche non riesce ad uscire. E' bellissimo e spaventoso, ha veramente un aspetto agghiacciante, ma nella vasca sembra solo una creatura storpia e fuori luogo, indifesa e fragile. Sisifo, cazzo, qua la mano.

p.p.s. Martedì sarò in un altro continente, nel mio continente. Martedì sarò nel deserto.



mercoledì 24 ottobre 2012

Quando puoi concederti il lusso di piangere

Quando arriva la botta di blues, nascono manie di grandezza e pretese di protagonismo. Non so, il blues è così, imposta la mente in modo tale da ottenere tutto e subito, indipendentemente dal mondo circostante. E' come dire "io sono così e se non ti piace te ne vai affanculo".

Poi ascolti un rock un po' meno intuitivo e ti trovi a dire "Io sono così e se non ti piace rimarrò solo".

Mi guardo indietro negli anni e conto i periodi blues sulle dita di una mano, ma non è stato per paura di rimanere sola, ma perché sono volubile e cambiare mi piace. Non lo faccio per gli altri, lo faccio per me, perché non voglio svegliarmi in quella famosa mattina in cui tutto sembrerà inutile. No voglio guardarmi allo specchio e vedere il solito viso, le solite mani, le solite gambe, le solite lacrime, i soliti capelli che coprono il solito seno. 
Voglio poter contare i lividi, voglio i solchi del pianto, voglio le rughe, voglio potermi raccontare mille volte le solite esperienze cambiando punti e virgole, inventando dettagli e dimenticandone altri. 

Mio dio, quante paure porto sulla pelle e il blues mi ci fa sputare sopra, come a dire "è normale avere le mani ruvide dopo aver zappato la terra". E' vero. E non rimpiango niente, non ho rancori. 
Allora perché ancora non riesco a smettere di vergognarmene? Non posso essere fiera di qualcosa che non riesco a spiegare. 
Anche per questo scrivo, forse.


Ma allo stesso tempo faccio fatica ad accettare le nuove ferite che segnano il mio corpo, a vedere il mio volto cambiare, a realizzare che niente sarà come prima. Come posso vivere senza riuscire a plasmarmi? Come posso vivere rendendomi conto che queste mie mani non saranno per sempre le stesse? 
La verità è che ho paura e scrivere è l'unico modo per fermare il tempo, per segnare le impronte di piedi che non torneranno ma più sul solito cammino.

Ho paura.... ho paura... 
Ho paura di rimanere qui, ho paura di andare avanti e allora posso solo stringere i denti ed affidarmi all'esperienza, al coraggio. 
Devo avere coraggio di cambiare, qualsiasi cosa questo comporti. 

Non voglio stare ferma ed inutile circondata dalle cose che conosco bene. Ho bisogno di altre ferite prima di poter dire di aver raggiunto qualcosa. 

E allora oggi mi concederò di piangere, di perdermi, di buttare le cose all'aria e di gridare aiuto da un angolo di questa stanza ormai vuota dopo aver fatto da contenitore di ricordi per due anni in una città diventata ormai troppo piccola.
Oggi piango e so che nessuno potrà aiutarmi, perché non voglio concedere questo lusso a nessuno.
Oggi mi leccherò le ferite urlando all'Universo quanto la vita sia ingiusta e difficile e dolorosa.
Oggi piango per chiudere un altro capitolo della mia vita, follemente spaventata e consapevole del fatto che tocca a me buttare via le chiavi.

Sono qui, sono coraggiosa, sono forte e determinata, proprio per questo piango.






domenica 21 ottobre 2012

Intervista a Charo Galura

Ecco un'altra delle interviste più piacevoli, soprattutto dal punto di vista grammaticale, che io abbia fatto finora.
Charo è una persona interessante e molto stimolante, non solo si esprime bene, nonostante anche lei non sia italiana, ma è soprattutto consapevole della sua persona, il che ha reso la "conversazione" scorrevole e proficua per entrambe.

Purtroppo parte delle mie domande è stata tagliata, per motivi di spazio e lo capisco, lo capisco benissimo, ma non se un verbo mi si spaccia per un altro. Leggendo l'articolo oggi credevo sarei esplosa di rabbia, perché ci sono due cose al mondo che mi fanno incazzare, l'analfabetismo e le zanzare.
Ecco.
Un'altra cosa che è andata a mio sfavore, e forse anche a sfavore di Charo, è il fatto che in questo modo le sue risposte sono magicamente diventate meno correlate alle mie domande, sembrava lei non capisse a fondo le mie richieste, o qualcosa del genere!
Mi domando quindi se le sue risposte siano state lette prima di abbreviare le mie domande... Direi di no.

MA PAZIENZA.
Penso che sia uno degli incubi più grandi non solo di chi, come me, cerca solo di portare avanti la propria passione in maniera più articolata e onorevole possibile, ma anche dei grandi giornalisti e scrittori che si trovano a litigare per ore con agenti ed editori per via di quelle cose chiamate "cartelle".
Non mi lamento, solo pretendo dell'italiano buono, quello da articolo, non badate al mio cazzeggio su un blog. E visto che mi faccio un culo così a scrivere queste interviste, credo che sia mio diritto ricevere una mail che mi dica "per favore, visto che sai tu cosa esattamente volevi domandare, potresti trovare un modo più breve per esprimere lo stesso concetto?". 


Per il resto amici miei, lettori, chiunque voi siate, grazie per il supporto.



In questi giorni sono un po' in ansia e per la prima volta dopo anni queste preoccupazioni assumono una forma, quindi sono perfettamente risolvibili. Devo tenere duro e affrontare un problema alla volta, tanto disperarsi farà solo perdere tempo.


CLICCARE QUI PER LEGGERE L'INTERVISTA


martedì 16 ottobre 2012

Ottobre

Mi sono svegliata con il ricordo di due persone nude che parlano all'interno di una macchina.
Un susseguirsi di scene piuttosto casuale.
Guardo decisamente troppi film.

Questo ottobre è folle, è pieno di cambiamenti, pieno di vita.
Il mio mese preferito, il mese che mi ispira, il mese che mi rende più piacevole, che mi apre più porte e mi offre più possibilità di passare un inverno al sicuro.

Vado d'accordo con me stessa, accetto più cose, sono tranquilla. Supero lo stress senza effetti collaterali, lavoro molto e soprattutto creo!
Sono più ferma con la musica, ma ho sempre più consapevolezza della scrittura, di come mi piace gestirla e le interviste mi stanno aiutando molto. Perché così ho un contatto diretto con chi legge i miei pensieri, ma allo stesso tempo ho anche un'interazione che scrivendo una storia potrei non avere.
Forse il giudizio mi ha sempre spaventato, nel senso letterario.

Così invece mi metto in gioco con eccitazione, più o meno la stessa cosa che si sente trenta minuti prima di un appuntamento, saltando la cena ed esprimendosi con risatine nervose  verso tutto quello che capita sotto gli occhi.

Sono in arrivo tre cose, ognuna delle quali per tre riviste diverse ed è per me meraviglioso, perché vuol dire mantenere il mio stile, plasmando però i concetti per sposarmi con il carattere del magazine. Questo vuol dire soddisfare la mia indole volubile, mostrare di me più sfaccettature, in poche parole significa non annoiarsi.
Non ho alcuna pretesa se non quella di divertirmi e di dare a chi intervisto la possibilità di esprimersi al meglio, mi piace valorizzare le persone che stimo, dio solo sa quanto mi piaccia.
Le persone famose, per ringraziare, firmano autografi, io, nel mio piccolo faccio interviste.

Mi dispiace un po' che solo uno dei miei amici abbia apprezzato i miei sforzi, ma è anche la persona coinvolta a livello professionale nel mio processo creativo, non fa testo, è anche nei suoi interessi, in maniera più pura, ma comunque c'è un profitto di mezzo.
I miei amici probabilmente non hanno letto mezza parola di quello che ho pubblicato finora.
Vedono le foto, leggono il mio nome e non hanno la più pallida idea delle domande che pongo agli artisti.
Forse non sono abbastanza coinvolti nella fotografia? Ad alcuni effettivamente nemmeno importa delle mie di foto, non si accorgerebbero di me nemmeno se mi vedessero in un 6x3 in piazza del Duomo di Milano.
Semplicemente perché sono mondi diversi.

Lo capisco, non pretendo, ho solo bisogno di sostegno, di qualcuno che mi dica "cazzo, bel lavoro, brava, continua così, sono fiero di te", ma è una cosa mia e non è colpa di nessuno.
Sono sicura di quello che sto facendo, sono sicura di me, è solo un po' triste che mi arrivi gente che nemmeno conosco per dire "brava".

Lamentele a parte, che sono forse cause di una negligenza da parte dei miei genitori nella mia più tenera età (scherzo), sono felice. Sono giorni fruttuosi, impegnativi e le ore passano in modo proficuo, non solo a livello mio professionale, ma soprattutto quello emotivo.


E sono felice di aver trovato una macchina in cui conversare la notte scorsa, di aver conosciuto qualcuno che abbia voglia di ascoltarmi, che mi trovi strana ma allo stesso tempo interessante.
Siamo diversi, tutti, siamo come dei pianeti ognuno sulla propria orbita da percorrere, ma ogni tanto ci allineiamo e succedono dei cataclismi più o meno piacevoli.





sabato 13 ottobre 2012

Un vecchio bacio

Ieri sera mi è tornato nella testa un episodio della mia vita.

Ero seduta fuori da un locale a rompermi le palle. Tra una sigaretta ed un'altra mi si disegnavano davanti facce nuove e altre conosciute. Poi improvvisamente erano apparsi dei ragazzi e una splendida ragazza bionda ed allegra. Avevamo cominciato a parlare del più e del meno e a ridere un sacco. Mi stavo rendendo conto di quanto poco mi bastasse per stare bene, di quanto fosse fondamentale circondarsi di persone genuine.

Poi mi ero trovata a parlare con un ragazzo abbastanza alto, con un bel fisico e un viso espressivo all'inverosimile. Ogni ruga raccontava una storia e io non riuscivo a smettere di guardarlo. Era proprio bello starsene lì a sorbirsi quella cosa chiamata cocktail party, voci ovattate intorno a noi e discorsi limpidi nei cinquanta centimetri che ci separavano.
Erano ormai passate un paio d'ore, il tempo volava e quando un uomo mi incanta capisco subito che vale la pena persino fare qualche figuraccia, aprirsi un po', raccontarsi.

Ci eravamo messi a confrontare le nostre mani. Erano incredibilmente simili, con dita lunghe coi nodi evidenti. 
Ricordo perfettamente il giro che il fumo della sigaretta compiva all'interno della sua bocca prima di proferire qualcosa di interessante. Il suo sguardo volgeva alla sua destra quando pensava a cosa rispondere, mentre si abbassava di fronte a lui quando era imbarazzato. 
Mi sembrava il volto più bello dell'universo, per il semplice fatto che esprimeva una novità, nessuna pretesa. 

Ci eravamo poi allontanati dall'edificio per sederci su un marciapiedi a chiacchierare ancora e io avevo freddo e lui aveva freddo. 
Non ricordo esattamente come fosse successo, ma ci eravamo trovati abbracciati con tutta la naturalezza del mondo e il profumo della sua pelle mi era sembrato familiare.

Era nato un bacio di una certa violenza, se così la possiamo chiamare, come se non ci fosse più altro da dire, come se quel contatto fosse la conseguenza lecita ed insostituibile di una conoscenza. Un circolo che si chiude.
Ancora quando ci ripenso i muscoli mi si contraggono e un vortice percorre i polmoni facendomi vacillare un po'. Una reazione puramente fisica, un impulso sessuale nato da un interesse intellettuale. 

Ero così viva in una cosa così piccola e semplice. Ero desiderata e so per certo che l'attrazione era stata nutrita da un gioco involontario e cristallino tra due persone che sapevano perfettamente cosa volevano.

Credo che potrebbe fargli piacere sapere di aver contato qualcosa nelle poche ore della vita di una persona. Di essere stato apprezzato, valorizzato come uomo, come essere umano.
I baci restano. E io amo i baci.



Non l'ho più visto.



venerdì 12 ottobre 2012

Per Marco Martini

Siamo responsabili delle parole che usiamo, giusto?
Sono stata volgarmente coperta di termini che si utilizzano in liti su toni piuttosto adirati, il che mi può stare bene, ma non da uno sconosciuto.

Mi spiego.
Tempo addietro ho risposto ad un casting di un tal Marco Martini, il casting è su Model Mayhem e lo possono vedere tutti, così come il suo nome. Gli ho linkato il mio portfolio (con all'interno fotografi dal calibro di Pino Leone, Janine Mizéra, John McGrath, Leon Saperstein, Karol Liver, Salvatore Vitale, Gabriele Chiapparini, Anna Morosini, Simone Lezzi e altre persone giovani o meno, ma sempre UMILI).
Non avendo foto di nudo più esplicite ho citato Sinapsi (il Mr Cinasky che ho intervistato di recente, ricordate?).

La risposta di Marco è stata "ho presente e non mi piace per niente". Così ho dedotto che non fosse interessato a lavorare con me, nessun problema, ma almeno un ciao, un hey o un fanculo non mi rompere, qualcosa!!!
Gliel'ho fatto notare, dicendo anche vabbè, Sinapsi non ti piace, la cosa è soggettiva, tanti saluti.

La sua risposta è stata questa:


Rispondo velocemente perchè ho poco tempo e tornando ora in Italia mi trovo con 500 messaggi non letti su questo sito che all'estero non usavo. (n.d.n(ina) anche io ho poco tempo per rispondere alle mail, specie quando sono in viaggio, ma non per questo mi comporto da camionista infastidito durante il suo sonnellino pomeridiano in un'aria di sosta)



Dire che è soggettivo è fare un complimento, io direi che fa cagare per stare nell'oggettivo, è come se ti chiedo (n.d.n. si dice "chiedessi") di infilarti un topo nel sedere (n.d.n. culo fa più enfasi, abbi il coraggio di usare termini appropriati alla persona che sei), non sto chiedendo qualcosa che "è soggetto ad estro artistico" ma ti sto chiedendo una schifezza e tu mi manderesti a quel paese. Ecco, la sua arte per me è come un topo nel sedere. Così mi fa un pò strano che mi si proponga di valutare come unici scatti del genere delle foto fatte da lui (n.d.n. perdonami, non ci conosciamo, hai veramente scritto topo nel sedere? io posso capire che trovi Giangiacomo assolutamente contro la tua morale fotografica, ma ti pare il caso?)



(leggasi: "ciao, ti va di vedere delle mie foto con un roditore nell'ano?" per essere sempre chiari) (n.d.n. no ti dico io questa, scattata da Pepe, ti pare qualcosa di simile? http://www.ninasever.com/images/nude_02_ninasever.jpg )

Di li la mia risposta senza troppi convenevoli, la stessa che mi avresti dato tu se ti avessi chiesto... devo ripeterti la storia del topo? (n.d.n. è come se tu mi dicessi che hai fatto le foto a una modella che mi fa cagare, sono cazzi tuoi se per la maggior hai foto più che decenti, no? non fare paragoni da quattro soldi)

Osserva nuovamente il gradino artistico a cui mi propongo (e sono lavori di un anno fa, ultimamente ho pubblicato su magazines internazionali) e rifletti se il Sinapsi è quanto di meglio da usare per proporsi a questi livelli. (n.d.n. anche io ho pubblicato su magazine internazionali e se guardi il mio portfolio, di cui vado fiera, comprese le foto di Sinapsi -nonostante il suo attuale stile non mi faccia impazzire- ti renderai conto che forse avresti qualcosa da imparare dai fotografi con cui ho lavorato, per prima cosa L'EDUCAZIONE)

Senza offesa (n.d.n. ma figurati, ma di che, sei stato così corretto), solo mi piacerebbe che le persone conoscessero i propri limiti prima di far perdere tempo o di scrivere cazzate "I don't like vulgar or pointless pictures" ... eh già, non ti piace la volgarità ma hai posato con il topo nel sedere. (n.d.r. la tua repressione sessuale e soprattutto la tua fantasia che si limita a un "gerbillo" -così li chiamano, se proprio sei interessato a quel tipo di pratica- nel culo mi preoccupano. Per favore riconosci tu i tuoi limiti, soprattutto in fatto lessicale, visto che ti sei preso la briga di rispondermi in maniera articolata, fallo in modo degno del paese in cui vivi. Inoltre non permetto che mi si dicano oscenità del genere, GUARDA le mie foto, sì anche quelle di Giangiacomo, e dimmi cosa vedi scendendo da quel cavolo di piedistallo su cui ti sei posto)








Per finire sono stata bloccata su Model Mayhem (sennò avrei risolto la questione privatamente) e questo mi dimostra che la mia eventuale risposta possa spaventare. E' da vigliacchi. Non mi dire che non avevi voglia di perdere tempo a leggere la mia risposta, perché se stai leggendo questo post, vuol dire che di tempo da perdere dietro a una come me ne hai :)

Ripeto, prendiamoci le responsabilità di ciò che diciamo e, per l'ennesima volta, guardiamoci intorno.

Non - siamo - nessuno.

mercoledì 10 ottobre 2012

I langolieri!

Prima di cominciare è mio dovere lasciarvi un link.
Ho fatto una nuova intervista a quello che io chiamo Cinasky. Il soprannome è nato nello studio di Simone Lezzi più di due anni fa, ormai tre, per il semplice fatto che Sinapsi (attualmente Giangiacomo Pepe), in qualche cosa ci ricordava il Grande Lebowski. E Giacomo non si è mai lamentato, quindi per me rimane Cinasky, con questa leggera assonanza col suo vecchio pseudonimo.

L'intervista è più semplice ed intuitiva, non ho dovuto osservare le sue foto a lungo, un po' perché le conoscevo, un po' perché a parte il cambio dei soggetti, le situazioni si fanno eco tra di loro.
Ma mi ritengo comunque soddisfatta, anche se sto ponderando su cose più articolate per le volte successive. Ho proposto a GQ di introdurre una novità e ha accettato di buon grado, quindi devo impegnarmi al massimo, perché mi stanno sempre più a cuore le idee mie, sono come figli e mi mettono una grande ansia! Non che io non abbia rispetto per quelle altrui, ma è più semplice, perché io faccio e loro giudicano, così invece mi metto in gioco di fronte a me stessa e spero che io e me siamo ancora in buoni rapporti.

QUI L'INTERVISTA



Tra un set ed un altro, scrivendo qua e là ed organizzando il mio viaggio in Kazakistan, sto impazzendo.
Ma sono felice, perché sto leggendo molto, come mai ho fatto in vita mia probabilmente.
Fluttuo da Stephen King a Stefano Benni ed essendo loro entrambi, in maniera differente, visionari, mi fanno saltare in aria gli ultimi neuroni rimasti.
Sto leggendo The Secret Window, The Secret Garden e nonostante io abbia visto quel film niente male con Johnny Depp nei panni dello scrittore solitario, non riesco a schiodarmi dal libro che non smette di sorprendermi.
Ancora mi tremano le mani e il respiro rimane sospeso. Un editore una volta mi disse che King scrive cazzate e io non ho dibattuto, sì, Stephen (ormai siamo amici) scrive cazzate, ma sfido chiunque a scriverle bene come solo lui sa fare.
Anche se non sono del tutto d'accordo, perché i capolavori come IT, Cujo o I Langolieri, sono insuperabili, sono di una fantasia talmente malata e introspettiva e insospettabile, che gli scrittori come Anne Rice dovrebbero cominciare direttamente a scrivere sulla carta igienica.

I pozzi neri, i varchi spazio-temporali, cani idrofobi confondibili con il famosissimo mostro nell'armadio. Ma come fai? Come fai a rendere tutto ciò reale? O forse mi trascini lì dentro e divento un involucro fluttuante anche io?
Qualsiasi cosa sia, è favoloso. Stephen King stesso diceva, alla fine di Stagioni Diverse, che spera di essere riuscito a donare al lettore la cosa più preziosa, ovvero una fuga, seppur breve, in un altro mondo.
Non leggo per fuggire, leggo per esplorare anche altro. 

Con gioioso orrore mi rendo conto che sto invece portando nella mia realtà, quello che fino a poco tempo fa era fantasia. Mi aspetto che da un momento all'altro nel cielo e in terra appaiano regolari strisce che stanno a indicare il niente.
Inoltre ho un volo da prendere a fine mese e mi costringerò a dormire a quota 12.000 metri, così se si disegnasse un varco e io ci dovessi passare attraverso, almeno non scomparirei insieme alla maggioranza dei passeggeri. Spero anche che a bordo ci sia, naturalmente addormentato, un pilota.

Il passato che si sgretola e i langolieri che divorano tutto, indistintamente, bizzarri e curiosi. 
Ma è

SPOILER

alla fine della storia che la mia vita ha cominciato a cambiare drasticamente.
I nostri eroi, così mi piace chiamarli, atterrano in malo modo nell'aeroporto di Los Angeles e con terrore realizzano che anche qui non c'è vita.
Eppure sentono il vento e una serie di suoni che non hanno nulla a che vedere con lo scricchiolio dei langolieri.

Cazzo, io dico cazzo, sono arrivati in anticipo nel futuro e stanno assistendo alla nascita della realtà!

Dopo aver visitato l'aeroporto, anzi, l'ex aeroporto di Boston, senza suoni, né sapori, né odori, con lo scorrere delle giornate stranamente veloce, si rendono conto di quanto ogni piccola cosa che hanno sempre dato per scontato sia preziosa, unica e fondamentale nella vita di ogni essere umano.

E io ho chiuso il libro, ho bevuto tanta acqua e l'odore dei freni del treno su cui stavo giungendo a Milano non mi ha infastidito minimamente, perché è così che deve essere, piacevole o sgradevole, deve esserci.
Tutto esiste e non si può escludere niente, altrimenti il mondo assumerebbe un'aria sinistra  e non ci sarebbe più spazio per la cosa che di più in assoluto diamo per scontata: la scelta.

Se non potessimo scegliere, la differenza di colori, sapori, odori o la varietà di superfici, non esisterebbe, non sarebbe utile.

Quindi io penso che prima che i langolieri arrivino anche davanti all'oblò del nostro aereo "occhi rossi", dovremmo guardarci di più intorno. Quante volte ve lo devo ripetere? 
Boh, rido e pure questo tè sembra fare meno schifo, mentre il ticchettio dei tasti è assordante e l'odore del tabacco si sente a distanza.



martedì 9 ottobre 2012

Fotografi con esperienza

Era un bel po' che non mi arrivavano mail sospettose, ma sono ancora perfettamente in grado di riconoscere quando qualcuno sta cercando di prendermi in giro e di offendere quella che è la mia esperienza di modella freelance.

Mi spiego.
Ormai più di una settimana fa mi è arrivata una proposta, tre set di un certo tipo, niente di che, roba in studio, in una location, tutto organizzato etc etc etc. Prima di dirmi queste brevi e fondamentali cose, il pittore o quello che è mi ha fatto una presentazione lunga, molto lunga. Ha girato intorno a quello che è il suo mestiere, cercando di intortarmi con termini eruditi e bla bla bla ti vendo un aspirapolvere e poi ti butto un po' di droga nel cocktail (se rendo l'idea), ma alla fin fine la mia reazione è stata simile a quella di un editore che ogni giorno riceve manoscritti indesiderati senza che ce ne sia bisogno.

Così ravanando, è proprio il termine giusto, in tutto questo casino, ho tirato fuori un paio di link di un fotografo e del progetto di questo pittore. Non riuscivo a trovare il nesso e dopo essermi imbattuta in un sito molto anni 90, ho deciso che non era male, che il cachet era buono, ma che dovevo sapere di più riguardo all'idea di base.

Finalmente dopo la mia esplicita richiesta di chiarimenti, l'artista mi ha esposto il progetto per filo e per segno, mi ha chiesto il numero di telefono e il giorno dopo mi ha telefonato verso l'ora di pranzo o poco più tardi, nonostante io avessi detto che nel tardo pomeriggio sono più facilmente reperibile. So che può sembrare una cazzata, ma per me la correttezza è composta di tanti piccoli dettagli.
Ho risposto un po' sfavata forse, appena sveglia, lo sanno tutti che di notte non dormo nemmeno se ho un set alle 6 di mattina, ma mi sono subito ricomposta e sono certa di non essermi persa una parola, benché la maggior parte di quelle fossero inutili.
Il signor Tal Dei Tali ha cominciato a elogiare il fotografo in questione, quello che mi avrebbe dovuto fare gli scatti e io ho pensato "ah, sarà il manager, un po' anni 90 pure lui", dicendomi che aveva ben 30 anni di esperienza e che gli venivano passati tra i lavori più importanti, si è raccomandato di visitare il sito dello studio (gigante eh, ma oh.. potete anche avere un pisello abnorme, ma se non vi si rizza ci fate poco, scusate la delicatezza).

INSOMMA. Tutto questo per vendermi uno splendido ed inutile aspirapolvere.
Nella mia modesta opinione, gli anni concreti di lavoro non significano necessariamente grande esperienza. Ho lavorato con persone giovanissime ed incredibilmente sorprendenti, bravissime, speciali. Anche un mio insegnante di fotografia aveva 20 anni di bagaglio culturale, eppure non mi ha saputo insegnare il significato di "otturatore".

Io ho continuato a rispondere con "hm, hm, certo", ma poco dopo mi è stato chiesto se ho mai lavorato con gente importante.
Ma porca puttana.
Non dico altro.

La telefonata si è conclusa con "le faremo sapere per mail le date etc".
Poco dopo mi è arrivata questa mail (che modificherò leggermente e ometterò nomi o cose troppo specifiche):

"Come le avevo anticipato telefonicamente abbiamo concluso le trattative e gli accordi con i committenti stranieri che ci consentiranno di partecipare ad importantissime mostre e concorsi internazionali di avanguardia e ci hanno fatto capire che il nostro soggetto riguardante le sole pose di nudo, seppur interessante per le tecniche con cui poi lo elaboreremo, come soggetto in sé non sarebbe così originale e di impatto come pensavamo (all’estero c’è una cultura di avanguardia molto più sviluppata rispetto al nostro paese ed il concetto di mero nudo è ormai di uso comune). Ci troviamo quindi costretti ad introdurre degli aggiustamenti e dei cambiamenti al progetto che spero lei accetti nonostante in un primo momento la potranno stupire."

State a sentire che AGGIUSTAMENTI:

"Intanto ciò comporterà l’aumento del suo compenso rispetto a quello inizialmente concordato.

Dunque, dato che lo scopo di un progetto di avanguardia artistica è stupire, sconcertare, andare oltre, le vado ad illustrare le novità:
si tratta dell’inserimento di alcune pose (esclusivamente pose non ci sarà nulla di “attivo”) di sesso orale verso il modello ed una masturbazione manuale finale del modello.

Ma il tutto effettuato con grande raffinatezza ed eleganza espressiva.

Non si scandalizzi, non ci sarà nulla di erotico (o peggio ancora hard) e volgare: non ci saranno le stesse pose da parte del modello nei suoi confronti, non ci saranno primi piani alle sue parti intime né tantomeno (ci mancherebbe) alcun tipo di penetrazione (tipo met-art) e neanche dovrà assumere pose o espressioni trasgressive o volgari (tipo toccarsi o aprire le gambe). Sarà un lavoro sull’esempio di grandi artisti come Newton e Dahmane."

Nulla di attivo, signore e signori, dovrei solo starmene col cazzo di uno sconosciuto in bocca.
Il met-art non è MAI penetrazione, documentati, amico. Tutto questo specificare cosa sarebbe e cosa non sarebbe mi sconcerta, non dovrebbe essere scontato che io non debba fare nulla di tutto questo? 
Come faccio a non scandalizzarmi? Come fai a dire che non è nulla di erotico? E' molto erotico ed è volgare anche solo propormi una cosa del genere.

ed infine:

"E comunque, dopo le inserzioni pittoriche e le tecniche adottate, il suo volto nelle opere non sarà oggettivamente riconoscibile.

Il tutto ha esclusivamente un fine artistico non erotico, sono solo pose di rapporti orali per delle creazioni artistiche, sono solo pose e non rapporti: lei certo prenderà nella bocca il membro maschile ma starà ferma per la durata della posa e degli scatti, non si muoverà, non dovrà effettuare un rapporto orale nel senso “attivo” del termine ma solo stare ferma nelle pose necessarie con le espressioni richieste per lo scatto e rilascerà subito il membro, nulla di più, ed il tutto in modo elegante con un espressività delicata, nello stesso modo che sarà già avvenuto nelle altre pose.

Il tutto verrà effettuato in modo raffinato con espressioni raffinate, mai provocanti, trasgressive o volgari, ma con dolcezza e delicatezza espressiva, perché proprio questo è il contrasto che si deve rappresentare. Anche la masturbazione finale non sarà “attiva”: potrà impugnare il membro dell’uomo solo quando starà per partire l’eiaculazione e resterà ferma con la mano in posa mentre questa avverrà.

Sono certo, da come anche mi ha spiegato il fotografo, che il tutto sarà molto più semplice di come lo si possa descrivere a parole."

Se il mio volto non sarebbe riconoscibile perché non prendere quelle che starebbero meglio con un sacchetto in testa?
E poi, perché dovrei voler toccare un pene a caso? Mentre eiacula, scusatemi...

Da qualche parte mi aveva pure scritto che il tutto sarebbe stato ripreso da una videocamera, per garantirMI il corretto svolgimento di quanto pattuito.

E io ho risposto, stranamente in maniera civile:

"Salve Tal Dei Tali,
ho letto l'intera "novità" del progetto e non sono interessata a posare per una cosa del genere.
Mi rendo conto che non si tratti né di erotismo (cosa per cui sostanzialmente lavoro), né, tanto meno, di volgarità.
Ma ho una morale di lavoro piuttosto chiusa, se così possiamo dire, né mi interessa posare o toccare organi intimi altrui, non ne sarebbe contento il mio uomo, né ci tengo in particolar modo io.

Il fatto che il mio volto sarebbe stato riconoscibile o meno è del tutto irrilevante.

Spero possiate trovare una modella adatta a questo tipo di avanguardia.

Nina"


Chi mi conosce bene può cogliere l'ironia di una mail del genere.
In ogni caso non ho mai ricevuto risposta, nemmeno per sentirmi dire "capisco, fa niente". Il che mi dà da pensare.



 

domenica 7 ottobre 2012

La Luna

Ho diverse cose per la testa, tra cui una piuttosto tragicomica, ma ve ne parlerò nei prossimi giorni, forse.

Stamattina, dovrei forse dire ieri mattina ormai, ero ferma di fronte al Red Floor Studio di Milano, fumavo una sigaretta e contemplavo il barlume di speranza lunare nel cielo. Erano le 6 e 30 di mattina circa e io aspettavo il Taxi per andare alla stazione e tornare in un batter d'occhio a Firenze.
Ho constatato due cose. Prima di tutto che sono felice che la Luna sia ancora incontaminata, che nessuna zampaccia umana sia ancora riuscita a metterci piede (sì, sono una di quelle che appoggia la tesi che spiega l'impossibilità di un corpo di "tornare" nell'atmosfera, quindi che nessuno ci sia mai andato -né tanto meno tornato sulla Terra-), così io la posso osservare in mattine fredde come quella di ieri e domandarmi, quindi seconda constatazione, come sia possibile che nel giro di pochi anni le distanze si siano così tanto accorciate.

Un'ora e quarantacinque minuti per la tratta Milano-Firenze. Ragazzi. Siamo matti! E' comodissimo, meno stressante, meno rischioso (sapete, quando viaggiamo di fianco a gente per cui l'igiene... vabbè), però... dov'è finito il viaggio?
All'andata ho avuto la folle idea di prendere un intercity e ho impiegato quattro ore, tutte e quattro ore passate a leggere. Così ho finito i "Langolieri" di King, ma è un'altra di quelle cose che ancora il mio cervello sta finendo di filtrare. E' un raccont... roman...hm... è una storia che mi ha cambiato la vita! Giuro! Sennò non avrei mai osservato la Luna, né avrei ricominciato a fumare il tabacco sfuso piuttosto che catrame e carta affumicata, non mi sarei affezionata al suono delle scarpe sull'asfalto. 

Ma perché vi dico questo?

Ieri ho recitato in un videoclip, solo il quarto della mia "carriera", di cui il terzo ancora inedito.
Stare su un set, per ore, o per giorni, è far parte di una famiglia, è rispettarsi, è mandarsi in culo, è vivere infinite attese, il freddo, il caldo, il dolore, è sfidare se stessi (ho smesso di scrivere sé stessi benché sia corretto, un grande passo per me, ottimizzo i tempi anche qui), è aiutarsi, è abituarsi alle battutacce di chi non fa parte di quel meraviglioso mondo creato per un unico scopo, come la Torre Eifel, chissà che poi non resti un progetto completo ed eterno. No?
E ieri ho ribeccato vecchie conoscenze, tra attori e la produzione, ho cercato di salire di un altro gradino verso quella che è la recitazione. Non ho alcuna pretesa, non sono un'attrice, ma recitare mi piace e sto cercando il modo migliore per farlo, di volta in volta e i video musicali sono proprio quello che fa per me, adoro l'idea che la mia figura si possa scomporre in mille modi pur di posarsi bene su un ritmo, su delle note; mi fa sorridere il fatto che le mie espressioni possano determinare l'interpretazione di un testo.

Meraviglioso. Meraviglioso.
Voglio ringraziare "DUDE" e "Red Floor Studio".
Sono stati tutti gentili, amichevoli e soprattutto organizzatissimi. Mi piace quando le cose scorrono e io devo solo pensare al mio lavoro.

Un'altra cosa che mi fa andare giù di testa è mettermi di fronte al regista e ascoltare le sue direttive, cercare di entrare nel suo punto di vista senza tralasciare quello che di me possa trasparire nel personaggio. Mi piace se lui gesticola per spiegarsi meglio, se fa degli esempi ridicoli per rendere l'idea e finalmente posso dire che mi piace interagire con gli attori, anche se in questo caso era uno solo.

Nel video di Mezzala, diretto da Stefano Poletti, c'eravamo io e Katerina, simpaticissima ragazza russa e bellissima modella. Ma non so, c'era qualcosa di freddo, c'era la stessa distanza superabile ma inutile che c'è tra la Terra e la Luna.
Se avete visto il video, a un certo punto stordisco un tipetto con lo skate (lui ha lo skate, non è che lo prendo a randellate, scusate), ecco, si chiama Darwin e ieri ci siamo trovati sul set nel ruolo di co-protagonisti, senza saperlo prima. 
Bella sorpresa... e adesso come facciamo a trasformarci da coglioncelli di strada a personaggi di un mondo surreale?
E' stato invece come un viaggio Milano-Firenze, breve, troppo breve, non ho avuto il tempo di guardarmi intorno... Credo... O forse è un po' come i treni vecchi che vengono potenziati. Forse io e Darwin siamo così.
Vabbè, lo so io, sono stanca e non riesco a spiegarmi, ma avevo una grande voglia di raccontare qualcosa, soprattutto i pensieri sciolti di una mente assonnata.

Ragazzi, ci sono tanti video di merda in giro, lo so, io stessa ne ho fatti un paio per lavoro puro, sapete, ho le bollette, l'affitto, però ecco, prima di criticare, cosa che sto cercando di fare con criterio anche io, provate a vedere le cose da dentro. Avete idea di quante riprese si debbano fare per avere una scena in cui, che so, due persone parlano e voi vedete entrambi i punti di vista. Oppure sapete dirmi quanti assistenti ci sono per montare e smontare le apparecchiature? E i truccatori? I parrucchieri? E quello che vuole il caffè e la scheda che si fulmina e il faro che non va e la luce che non rende e spostiamo il pannello e giriamo adesso una scena piuttosto che un'altra perché il sole ha la posizione giusta quindi facciamo attendere tutti quelli che avrebbero dovuto entrare in campo ora, mangiamo un panino saltellando su un piede mentre qualcuno ci sta levando una scarpa, spostiamo il cavalletto di tot ma mai da soli che qui crolla tutto, rifacciamo la stessa scena da quattro angolazioni diverse che sennò poi non c'è abbastanza materiale per il montaggio, usiamo un obiettivo piuttosto che un altro, corri a prendere questo, riporta quest'altro, reggi qua, fai scorrere sul carrello, più lento più veloce più dritto in bolla non in bolla, e vaffanculo al vestito da centinaia di euro tu devi stare in terra sennò nessuno crederà che sei caduta, fai quest'espressione no l'altra quella di prima spostati di due passi no anzi quattro anzi torna come prima, no signora lei qui non può passare passi da dietro, sì ecco il permesso del comune, dov'è lo stativo, aiuto qui crolla tutto, no questo non funziona, cambia scena ma dov'è finita la tipa il tipo il cane il bambino, le comparse come prima, no invece lì piuttosto che là, ahi ahi il trucco è colato ma come la truccatrice è in bagno....

Potrei continuare fino a domani.

Ecco, pensateci. Analizzate le cose che vedete, che leggete, che toccate o assaggiate. Ognuna di queste cose racchiude dentro di sé un mondo che non potete immaginare a meno che non vi soffermiate un attimo.
O finiremo per prenderci le multe come in Fahrenheit 451? Per eccesso di lentezza...

Si sta velocizzando tutto e un po' mi fa paura, poi guardo la Luna e tutto torno al suo posto.


(questo spacca)