martedì 31 luglio 2012

La risposta

Ho ricominciato a comporre.
Il Boniz, mio caro odiato Boniz (non è vero, non lo odio più) mi ha passato tre pezzi nuovi.
Questa volta avevano più corpo, più melodia, suoni ancora più ricercati, dinamismo, sentimento. Non erano più quelle fredde basi a cui dovevo totalmente dare corpo. Erano musica. Erano musica che chiedeva la voce. 
Le note quasi mi si disegnavano nella mente da sole, dovevo solo cambiarne l'ordine ogni tanto. Per la prima volta non ho ricevuto il cazziatone per le metriche.


Il Boniz è sincero, un anno fa quando scrivevamo musica insieme mi ha stroncato fino a farmi piangere notti intere. Però non ho mollato. Non andava bene niente di quello che gli mandavo, c'era da cambiare tutto. L'unica cosa che vomitavo ininterrottamente erano i testi, ne ho scritti di così belli, non solo al suono, ma soprattutto con un significato intricato.


Tanto non caga nessuno i testi.


Insomma. Dicevo che il Boniz è sincero e oggi mi ha fatto poche correzioni, mi ha dato due dritte, su cui ero pressoché d'accordo, e ho registrato di nuovo seguendo i suoi consigli. Sta nascendo qualcosa. Cazzo. Sto di nuovo creando, qualcosa di così intimo e fragile sta venendo fuori sotto forma di musica e quando avrà definitivamente preso forma sarà indistruttibile! E io sarò ancora più forte e nessuno di quei ingrati là fuori potrà prendersi gioco di me.


Do' troppa importanza alle parole non dette. E va bene! Quando l'interlocutore è del mio stesso parere magari.
Sono così idiota. Mi piace stare da sola, ma allo stesso tempo rimango male se qualcuno mi dà buca, o se non risponde.. eppure sono solo conoscenti.


Adesso ho la musica, di nuovo.
Se mio padre si degnasse di scrivermi saprebbe che adesso può essere fiero di me. Mi domando solo se ormai mi importi. Persino mia madre ha trovato in quello che faccio un futuro. Un futuro... 


Mi sento rinascere.
Sono stata in questo oblio per quasi un anno e non riuscivo a mettere mani sui vecchi pezzi, mi veniva l'angoscia a vederli. Ci voleva qualcosa di nuovo, di fresco, un po' di fiducia anche.


Quando ti fa i complimenti una persona sincera e completamente fuori di testa, ambiziosa, è come se ci fosse un dio ad accarezzarti la testa e a dirti "per te ho dei progetti più grandi, tieni duro".
Voglio diventare così. Essere un sollievo per coloro a cui tengo, essere di aiuto. Niente a che vedere con l'autostima. E' solo amore.
Ma prima di poterlo fare devo compiere più passi verso il mio obiettivo, devo definirlo e vivere come se un domani non esistesse.


E soprattutto devo sbloccare il resto della storia, crescere la mia melodia come se fosse una figlia, per poterla poi ascoltare all'infinito e sapere che nel mondo ci sarà questo mio proseguimento che potrà fare solo del bene. Lo fanno i genitori no? E' un po' maschile come cosa, quella di proiettare un po' di sé nel figlio. E' una cosa carina, egoista. Però ecco, le mie canzoni non saranno teste di cazzo, macchie sulla faccia della terra.


Ciò che ho dentro fa paura, ciò che viene fuori diventa cristallo.


Devo scrivere.
Devo cantare.
Così divento immortale.





Ideas Born In The Still Of The Night

C'è un fotografo che non mi è amico. Che non mi è nessuno, a dispetto delle persone che in qualche modo voglio ringraziare.
Però mi è sembrato che avesse qualcosa di interessante da raccontare attraverso le sue foto. Ha fatto degli scatti interessanti anche a me un paio di volte e il suo approccio è tranquillo... musica e improvvisazione. E' un po' blues, è un po' rock.


Così, mi è sembrato carino dire la mia, anche se non è molto... a quanto pare.


Qui potete leggere tutto e vedere le foto.
Ringrazio nuovamente Christine per avermi dato la possibilità di esprimere un mio pensiero nella fotografia.


IDEAS BORN IN THE STILL OF THE NIGHT




domenica 29 luglio 2012

Una domenica di mezza estate

In giorni come questi vorrei svegliarmi in montagna. 
Svegliarmi col collo dolente perché mi sono addormentata sul parquet col cane. Amico mio. Ma quanti peli hai? Come mai non riesco a staccarmi da te nemmeno in estate? Sarà perché ti amo.
Caffè per tutti! Per me. Per te i croccantini. Anzi. Visto che è domenica apro la scatoletta, festeggiamo il quarto anno della nostra amicizia. Mi guardi e sembra quasi tu sorrida, ma sei pigro, proprio come me. Non c'è un cazzo da festeggiare.


Il caffè fatto in solitudine non ha prezzo, è un momento insostituibile e tutti almeno una volta nella vita dovrebbero sentirlo salire nella moka nel silenzio della casa vuota.
E' come la notte e il giorno, è come se facesse il percorso del sole, in cui con l'imbrunire i pensieri si fanno cupi e tutto sembra più grave, inaffrontabile e poi sale.... il caffè. I nodi (avevo scritto -nudi- ... beh, tutto sommato può essere in tema) nella mente si sciolgono e ci facciamo rincoglionire da un buon odore.


Se non bevete caffè, non potete capire.
Se bevete caffè al bar, non potete capire.


Con il tè è diverso, ha un suo rito anche quello. E' molto più pensieroso ed indulgente, il tè è da coccole, non da risoluzione dei problemi. Il tè è quando pensi che domani andrà meglio, che domani, dopotutto, è un altro giorno.
Il caffè è qui, è adesso e non ha pietà. Devi prendere la tua vita in mano, ora!
Il caffè è per i realisti e per quanto io passi ore a sognare situazioni e cose lontane che non mi appartengono, sono fottutamente realista. Cosa che mia madre scambia per pessimismo e forse non ha tutti i torti, forse non c'è alcuna differenza, perché la vita è una merda, è difficile e le cose non vanno come vorresti.


Ma essere così negativi, che non è nemmeno questo, si è solo più difficili da sorprendere, aiuta ad apprezzare quello che nella vita conta sul serio, quello che è autentico.
Un sorriso vero, uno sguardo curioso, una mano che ci sfiora con cautela. Piccoli timidi gesti che messi insieme si trasformano in una passione travolgente ed irreversibile. Perché quando un pessimista cammina lento e pensieroso è attento, perché non si lascia andare, non si fida e non si lascia sfuggire niente. Non si può sbagliare. Ed è per questo che quello che nella vita poi ottiene è molto solido. Se lo perde muore, quando invece un ottimista alza le spalle e ricomincia daccapo.
Siamo facili da offendere, da abbattere e sembra che ci lasciamo sconfiggere facilmente.
Chi non conosce la frustrazione e chi con i piedi ben piantati per terra non è mai riuscito a scioglierla realizzando qualcosa che nella vita contasse, non per gli altri, ma per sé, continuerà a costruire case sulle sabbie mobili, dicendo che se domani dovesse affondare se ne potrebbe costruire un'altra.


Domani non andrà meglio. Non c'è un cazzo da ridere. La vita è oggi e non è vero che gli ottimisti vivono giorno per giorno ringraziando Madre Natura per i bellissimi fiori in giardino "oh guarda cara, i narcisi sono sbocciati". L'ottimista pensa che quel cazzo di narciso la prossima volta fiorirà ancora meglio.
Il pessimista si ferma e osserva e sorride ed è fiero del fiore che ha piantato.




Un mio amico una volta mi ha detto che non sono io depressa, ma che sono gli altri che con la loro depressione e con quei cazzo di sorrisi finti mi deprimono. 
E così ho eliminato dalla mia vita tutto quello che stonasse con la mia morale più intima e ho ritrovato la gioia nelle piccole cose, anche da sola. Soprattutto da sola.


Leopardi era pessimista, dicono.
Sono d'accordo. Solo un pessimista avrebbe potuto scrivere un'opera come La Ginestra, incatenato al letto, quasi immobile con un unico panorama fuori da quella finestra sempre più piccola. Solo un pessimista avrebbe stretto i denti donando una speranza al genere umano.
Se non avete mai letto La Ginestra fatelo.
Se non credete che sia un raggio di luce nelle profondità di una cava, probabilmente siete degli ottimisti.











sabato 28 luglio 2012

04:17

Ho voglia di inverno, di maglioni e di mandarini.


E' la voglia di te.



Forchetta nel cubetto di ghiaccio

Hai mai provato ad affondare la forchetta in un cubetto di ghiaccio?
Penetra lentamente, scende, si raffredda e sotto si forma l'acqua, in modo abbastanza statico, non finisce da nessuna parte, non gocciola giù dal tavolo o cose simili.
Adoro farlo, perché il ghiaccio oppone una leggera resistenza, ma tutto sommato cede e quello che la mia mano percepisce sviluppando quella pressione via via più forte, è assolutamente innaturale, sinistro.


Sono così anche con le parole forse.
Le riverso lì, finché il ghiaccio non si scioglie del tutto e se sono fortunata ne trovo dell'altro, altrimenti non rimane più niente.
E' come una prova. Per me. Per te. Per chiunque abbia a che fare con me.
Non appena trovo del ghiaccio parlo e non doso le parole, come un uomo che non ha niente da perdere, disposto ad uccidere, a giocare tutte le carte, a rischiare.


E' stupido dire che io non abbia niente da perdere.
E' semplicemente stupido. Molto più stupido che illudersi, o pensare al futuro, o a farsi aspettative.
Ma sai cosa è più stupido? Spaventarsi.
Se c'è una cosa che non tollero è la paura, benché io stessa in questo momento ne stia provando in quantità ben oltre la mia sopportazione. Ma non viene da me. Io sono semplice, capisci, sono aperta e sono qui.
E io non posso avere terrore di perdere qualcosa che non ho.


Io non ho paura di NIENTE.
Io non mi fermo. 


C'è un'unica cosa per cui posso permettermi di toccare il fondo, per cui posso soffrire e la odio, la evito. C'è una cosa sola che mi dà motivo di alzarmi dal letto la mattina o di stare alzata tutta la notte e non potrei vivere senza.
L'amore è! e nessuno potrà provare il contrario.
E' la cosa per cui vale la pena vivere, per cui a volte bisogna morire e non sono disposta a sminuirlo.


Tra me e mio padre ci sono 5150 km di distanza, se tutto va bene e il biglietto naviga intorno agli 800€ di sola andata. 


Ma che cazzo dico?
Sono solo parole. Il ghiaccio è sciolto e a me non resta che piangere, perché mi dico sempre che sarà l'ultimo e poi il sipario si chiude e rimango a fissare il palco vuoto.


L'attrice di un teatro incendiato, dicono dalle mie parti.



Non badare, sono solo parole.



giovedì 26 luglio 2012

Limone e zucchero

Vorrei evitare i malintesi che capitano ultimamente per via degli screzi tra il mio mondo virtuale e quello reale.
Ci sono poche cose che prendo sul serio su internet. Prima di tutto le mie mail di lavoro, il mio sito personale (che poi è sempre lavoro, ma forse anche un po' arte) e la cattiva qualità di una canzone su youtube.


Ecco, per il resto scherzo molto, dico cazzate e non ho paura di offendere nessuno, tanto chi è abituato a prendersela interpreta male ogni messaggio comunque; anche se non getto veleno gratuito su nessuno.
Butto giù pensieri o cose che trovo fastidiose, è per chiacchierare, per avere brevi contatti in momenti di noia. Amo anche molto passare ore a guardare immagini, il mio tumblr per esempio è adibito solo a quello, a condividere foto che trovo interessanti, che mi comunicano qualcosa.
Twitter poi è grande fonte di disagio per me, sta un po' diventando quello che era facebook. Le persone mi chiedono quella o quell'altra cosa, confusi, si domandano se io non mi riferisca a loro. Ma se per esempio dico che tutti quelli che fanno foto al cibo sono noiosi, potrei anche non essere seria e poi chi è fortemente convinto del suo modo di gestire internet, non dovrebbe sentirsi preso in causa.


Chi non sa gestire la propria vita prende internet troppo sul serio e chi lo usa per lo svago e le informazioni ne paga le conseguenze.


Ah... bando alle ciance!
Il mio blog non è una lista della spesa della mia vita. Non mi piace fornire dettagli personali. Ci sono troppe cose preziose perché l'incostanza e l'incoerenza del web ne vedano la luce. Ci sono troppe cose che nessuno deve sapere, di cui sono troppo gelosa.
Altri avvenimenti contano troppo poco anche solo per essere ricordati.


Tuttavia mi piace parlare, mi piace scrivere, adoro cercare le parole giuste per comunicare le sensazioni che mi attanagliano la testa, il cuore, lo spirito.
Scrivo il blog per questo, per condividere quella parte di me che non ho paura di mostrare.
Ma non sono mai troppo sincera nemmeno qui, non mi prendete così sul serio e non contate le incongruenze, parlo per chi mi conosce davvero, che ci sono tra quello che scrivo e la mia vita "vera".
Mi piace abbellire, romanzare, ingigantire. Non lo faccio perché sono una bugiarda o una vigliacca, ma solo perché certi elementi perdono ogni bellezza una volta raccontate e non è giusto che vengano sminuite quando nella mia mente hanno un significato profondo.


Certe situazioni nella nostra testa sono molto di più di come appaiono una volta scritte. Non siamo noi a volerle esagerare, o sopravvalutare, ma è la nostra esperienza diretta che ce la fa percepire più vicine.


Senza reinventarle con la giusta concatenazione di termini, io non ho il diritto di raccontarle, ne vale della mia memoria.




Sto mangiando delle fettine di limone cosparse di zucchero. E voi direte, chi cazzo se ne frega. APPUNTO.
E' molto più interessante dire e leggere così:


L'altro giorno al supermercato ho pensato di comprare della frutta, mia madre dice sempre che fa bene, quando è la prima a non mangiarla mai. Così ho optato per qualcosa di inutile, un limone. Ho pensato "mal che vada compro la Corona e ce lo butto dentro".
Son tornata a casa soddisfatta, ma ho dimenticato di comprare le fragole e quindi, come volevasi dimostrare, il mio limone mi guardava inutile sul bordo del tavolo.
Poco dopo mi ha telefonato E., dicendomi che si era beccata un brutto raffreddore, che non ha dormito tutta la notte e che da qualche ora non sentiva nemmeno i sapori. Mi ha giurato "Nina ti giuuuuuuuuro" con aria lamentosa e molto convincente che non appena le sarebbe tornato il senso del gusto avrebbe mangiato un limone intero. "Te lo regalo" ho pensato.
Sta di fatto che una settimana dopo il suo raffreddore ha avuto delle complicazioni, per quanto assurdo possa sembrare e lei continuava a non sentire i sapori. Il gusto è decisamente il suo senso principale, come per me l'olfatto, come per qualcun altro il tatto. Stava impazzendo e io non sapevo come tirarla su, sembrava le avessero tolto un pezzo di vita.
Ieri sera è passata da me a fare due chiacchiere, ho parlato più che altro io, lei si è scusata dicendo "ti ascolto, vai avanti, ma io non ho molto da raccontare, sto un po' così sdraiata a sentire te, con gli occhi chiusi".
Mi sono ricordata del limone solitario infondo al frigo, così sono corsa a prenderlo e mi sono raccomandata con E. perché tenesse gli occhi chiusi. L'ho tagliato a fettine fini, l'ho cosparso di zucchero e ho portato il piattino di là.
Sembrerà un gesto sadico, ma io volevo solo fare del bene. Ho cominciato a mangiare il limone e a descrivere a E. le sensazioni, mi sembrava una cosa carina da fare ed è stato incredibilmente difficile non usare sempre i termini come aspro o succoso.
E' scattata a sedere, mi si è avvicinata e mi ha baciato. La cosa non mi ha infastidito, ma ho ritenuto lecito chiederle perché, ha risposto che sperava che il mio cervello potesse servire ad entrambe e trasmetterle i sapori che stessi sentendo io.


Le ho chiesto se ha funzionato e lei ha risposto di no, però mi ha baciato di nuovo.



mercoledì 25 luglio 2012

Quarto piano

Fa quasi freddo e fuori sento un vento molto forte, poi clacson, freni che stridono sull'asfalto, qualcuno ride in lontananza.
La città è sveglia da ore e io penso che qui dentro sia ancora mezzogiorno e sarà così anche nel pomeriggio e forse pure la sera.


Affacciandomi dalla finestra, di solito, vedo la strada. La solita strada da quattro anni, dal quarto piano, alla veneranda età di ... 24 anni.
Sì, viene un po' da ridere, ma preferisco la mia arroganza nel ritenermi un minimo matura rispetto a quella dei cinquantenni che mi vogliono insegnare a vivere, senza portare un minimo di rispetto ai miei genitori, che, indipendentemente da questo disastroso risultato, hanno fatto il meglio che hanno potuto.


Effettivamente fa un freddo cane, mi si stanno ghiacciando i piedi e le labbra sono screpolate. Faccio anche fatica a tenere gli occhi aperti, ma è perché non ho ancora dormito. Non ci è stato tempo! C'era da vivere in queste ore passate, c'era da osservare, da toccare. C'erano odori, sapori, novità e soprattutto una pace che nei miei sogni non trovo da mesi.
Non c'è tempo di dormire a 24 anni.
Non c'è tempo di dormire quando davanti a te si sta disegnando una storia di durata indefinibile.


Ma non è nemmeno questo il punto. Credo.
Aspetto che i piedi diventino ancora più freddi, ancora un po'. Voglio avere la pelle fresca, ne ho bisogno, credo che così riuscirei a dormire.
E poi non ho il coraggio di voltarmi verso il letto, perché c'è qualcuno che mi guarda con aria pigra, non troppo interrogativa. Lo so. Lo sento. E ho una paura folle perché voglio che rimanga lì, che questo giorno non finisca mai, che il sole non tramonti, che l'orologio si fermi e che l'odore di caffè non svanisca mai.




Forse non è molto esaltante essere paragonati ad una sigaretta, ma io amo molto fumare e ne sono, a periodi, molto dipendente. 
Sei il mio momento sigaretta, anzi, sei quello che viene prima, sei l'idea della sigaretta ancora intatta, ma col sapore che già si disegna nella mente diffondendo scie di fumo davanti gli occhi. La sigaretta sibila e io mi confondo. Sei tu. 
E te ne vai, io spengo il filtro ormai insapore.




Stanotte farà freddo, chiuderò la finestra senza guardare la strada.
Qui è Ottobre e l'hai portato tu.



domenica 22 luglio 2012

Sabbia

Sento un vento incredibile fuori dal finestrino, proprio un boato che mi impedisce di comunicare con Micky. Tanto vale aprire e mettere la testa fuori, penso.
Ma stiamo andando particolarmente veloce, non riesco a tenere gli occhi aperti, mi vanno i capelli in bocca. Decido di tornare alla postazione iniziale.
La cosa bella dei viaggi in macchina è che anche se stai seduto, vai, quindi trovi pace, ma non ti annoi. Poi il paesaggio è nuovo, monotono, ma diverso da tutto quello che ho visto finora.
Per Las Vegas mancheranno 200km, almeno credo, ancora non ho imparato le unità di misura qui. Ma che importa, noi andiamo, la benzina c'è.


No, però ora gli chiederò di fermarsi, voglio sentire il vento un po' meno forte e il sole, lo voglio vedere. Quando mi capita di nuovo? Per quello che mi riguarda potrei non vedere mai più nemmeno il mio giardino. Anzi... che cazzo dico, sicuramente... mai più.


Il dottore ha detto che ho un mese, più o meno. Potevo fare questo viaggio solo con Mick, solo lui avrebbe continuato a vedermi normale, come prima, senza preoccuparsi di ogni mio movimento.
Si è fermato, che strano, non gliel'ho nemmeno chiesto, non l'ho nemmeno guardato.
Non l'ho mai visto piangere, mai, nemmeno quando è morto suo padre.
Eccolo lì, fermo in mezzo a Nevada State Route 160, mi guarda e pronuncia un nome che non è mio, Crystal. 
Ha capito che probabilmente ripercorrerà quella strada da solo, tra poche settimane.
E io non lo so, forse mi viene da piangere per quello, perché non lo vedrò mai più, che importa degli altri? Che importa se non sono riuscita a vivere in Canada o a rendere mia madre fiera di me, rivedere mio padre.


Ci sediamo di fronte la macchina. Credo ci siano 40° e la pelle un po' mi brucia, ma mi fa sentire incredibilmente viva, voglio farmi il più male possibile, perché poi non sentirò più niente. Il medico mi ha riempito di siringhe e antidolorifici sufficienti per stendere un'armata, ma ancora non ne ho avuto bisogno, anche se a volte mi vengono i crampi.
E' tutto sopportabile e non risparmio più sulle sigarette! E' bellissimo.


Siamo qui, sotto questo sole ardente e sconosciuto e non abbiamo paura di morire, è proprio così che ci si sente. Stare seduti in mezzo a una strada, luogo comunemente ritenuto rischioso, e non avvertire alcun pericolo.
E' così che ci si sente quando non si ha più controllo sulla propria vita.


Non lo so, non so più cosa pensare, cosa dire. Mi sposto dalla strada, mi sdraio tra queste erbacce secche e batto le mani sulla sabbia, vicino al viso, cerco di non chiudere gli occhi e sento i granelli abbattersi sulla cornea. 
Adesso ho una scusa per piangere e le lacrime si raggrumano sul viso sporco, rossiccio, sembra sangue.
Non voglio arrivare a sanguinare spontaneamente e senza motivo.
Ho un po' paura. Ho voglia di vivere. Ma non ho alcunissima scelta, posso solo decidere di morire prima e un essere umano che abbandona la propria progettualità è già un essere umano morto.


Voglio bruciare viva qui, come un serpente incapace di muoversi.







venerdì 20 luglio 2012

Smalto per unghie

Sono appena tornata da una serata piacevole, ma che mi ha portato una cattiva notizia.
Sono bischerate, come si suol dire, ma sono qui che mi guardo queste unghie smaltate e mi sento idiota. Che c'entrano le unghie? Ma niente.


Mi domando un unico grosso perché.
Perché?
Cosa vuoi da me?
Esattamente perché mi cerchi? Perché mi concedi certe cose se non conto niente? Non posso avere MAI contato qualcosa per ricevere questi calci nei denti così, a gratis, senza ancor avuto l'opportunità di sbagliare.


Sono così stanca!
SONO STANCA.
Si può dire? Qualcuno là fuori mi capisce?


Perché mi sono sempre fatta in quattro per le persone a cui tengo? E perché ho scoperto questa grossa bugia, quest'illusione di essere stata importante anche io?
Perché mi sono fatta aspettative? Ma chi me l'ha chiesto?
Perché quando sono chiara le cose si devono comunque complicare?


Io so di valere meno di zero, proprio per questo me ne sto in disparte, non pretendo niente, lascio le cose correre, succede quello che deve succedere. Ma allora perché forzi le cose e mi illudi?
Ma perché io mi illudo? 


Ma perché sono una cogliona, ecco perché.


Vuoi che mi lasci andare, che mi apra con te, chiunque tu sia, che ti cerchi e poi... ah poi non lo so. Lasciami fredda, lasciami insensibile, così, qui, da sola.
Chi ti ha chiesto di richiamarmi dopo queste scopate di cortesia, per l'appunto, come dice Martina.
Chi ti ha chiesto niente? Ma vivitela e lasciami perdere. Soprattutto non mi chiedere mai niente, perché non riceverai mai niente. Non più. Non c'è più niente da dare.




E' incredibile che mi abbiate fatto morire l'ultima goccia di passione che mi rimaneva.
Eppure qualcuno ha saputo godere della mia libertà. Qualcuno che non ho mai più visto, che ha mantenuto la sua dignità di uomo, qualcuno che non mi ha voluto umiliare.


Che ne sapete voi dell'amore?
Niente.
Più o meno quanto io ne so di smalto per unghie.







Amnesia

Oggi sono tornata in treno con Alessia.
La mia cara, cara Alessia. E' come la mano gelida sulla fronte quando hai la febbre a 40°.
Non la vedevo da mesi, ma abbiamo passato la notte insieme ed è stato come se gli anni non fossero trascorsi, come se tutto fosse come prima, come se ci fossimo dette "ciao" il giorno prima.


Alessia è quella che mi capisce con uno sguardo, con un gesto. Si dice sia naturale creare un codice tutto personale tra amici stretti, eppure a me è successo solo con lei.
In passato ci siamo parate il culo a vicenda come nemmeno degli agenti segreti saprebbero fare, ci sono stati scambi di battute EPICI.
E' la mia più grande complice, una persona che non mi ha MAI giudicato e ha creduto nelle mie cause a tal punto da arrivare a difendermi, a sostenermi quando tutti gli altri hanno voltato le spalle, quando avevo tutte le dita puntate contro. Non mi ha mai abbandonato e anche nei momenti in cui io stessa forse l'avrei voluta allontanare, lei ha resistito e mi è stata vicina, in silenzio, impotente. Ma c'era e forse senza quella presenza non sarei diventata così, non avrei superato certi problemi.


Lei ride spesso ed è contagiosa. Siamo sempre andate d'accordo sul ridere, perché non abbiamo mai avuto paura di farlo, in pubblico, in biblioteca, in chiesa, cristo santo, in chiesa, con l'eco che ha disturbato ogni angolo di quel luogo sterile.
E' come se avessimo capito che la vita è troppo breve e difficile per soffocare una risata. Meglio essere buttati fuori di classe, meglio fare una figura di merda, meglio offendere, ma ridere, apertamente, in modo "cristallino".


Ieri sera siamo incappate in una voliera di sfigati, di quelli che fanno i fighi in branco, che hanno la battuta pronta, ma che sostanzialmente hanno paura di dire anche solo "ciao" a una ragazza non appena sono soli. Giuro erano mesi e mesi che non ridevo così. E loro sapevano che ridevamo di loro, ma non sembravano a disagio, perché è stata una risata esplicativa, complice. Non riesco a spiegarmi.
Quando le donne ridono in quel modo gli uomini non si arrabbiano mai, non so perché sia così... ma è così. La Natura ha deciso che quando la donna ride in quel modo, l'uomo può solo approfittare di quell'energia per ricaricarsi. Un po' come quando lei prova l'orgasmo e l'uomo magari ha sudato quattro camicie, ma è felice, c'è qualcosa di potente che sente anche lui, lo sente rimbombare persino nelle ossa.


Il sarcasmo non spaventa Ale, anzi, mi risponde a tono sui temi più incredibili e delicati. Ed è una cosa nostra, sappiamo in cosa crediamo, sappiamo quando certe cose nella vita siano difficili, insuperabili. Come si fa senza ironia in questi giorni di agonia? Scherziamoci su, tanto prima o poi... moriamo tutti.
Conosciamo i nostri difetti a menadito e ci amiamo anche per questi, ci fanno ridere, o arrabbiare, eppure in tutti questi anni abbiamo discusso solo una volta.


Oggi in treno mi ha ricordato di quando una volta fuori dal pub ho visto gli alieni, ubriaca a livelli inverosimili. Ma a parte questo triste avvenimento in cui è stato coinvolto anche Alessandro, un altro individuo che vedo ogni allineamento dei pianeti, ho pensato che fossimo spesso ubriache. Ma è normale? Era normale. Avevamo più soldi, uscivamo spesso, specie d'estate e ci bastava poco per andare di fuori. Non c'era un motivo particolare per farlo, ci piaceva rilassarci un po', non che avessimo problemi a fare determinate cose senza alcol.
Dio, ne abbiamo combinate di tutti i colori, siamo finite in ogni tipo di situazione e se non fossimo state così unite non saremmo uscite illese. 


Eravamo io e lei e facevamo parte di un mondo che riuscivamo a lasciare fuori.




Adesso la scuola è finita, ci sono bollette da pagare, le relazioni sono diventate intricate, molti dei posti in cui potevamo essere noi stesse sono decaduti, hanno lasciato spazio ai luoghi marci pieni di persone che non hanno idea di cosa significhi essere liberi.


Ma oggi in treno Alessia mi ha ricordato, con la sua semplice presenza, che casa è dove ci sono gli amici e che non tutto è perduto anche se le strade sono diventate più tortuose.



mercoledì 18 luglio 2012

Giulia

Mi ricordo Roberta.
Era la ragazza più bella della scuola, aveva un fisico incredibile e delle bellissime labbra. Guardavo sempre. Cosa guardavo? Non lo so. Tutto. Quando parlava le guardavo le labbra, quando si presentava a casa mia e si levava il reggiseno le guardavo le mani, poi il seno. 
Diceva che odiava il reggiseno, ma se non se lo metteva i ragazzi le guardavano le tette più del dovuto. Ma visto che io ero la sua migliore amica e che tra ragazze non ci si dovrebbe vergognare, con me aveva il diritto di sentirsi libera.
Diceva così. Poi non so.
Portava questi pantaloni attillati, a vita bassa. 
E poi con questa totale assenza di pudore apriva il frigo e prendeva da mangiare, il mio cibo. Un cibo che non avrei mai tirato fuori da lì. Non avevo mai fame. Ma poi arrivava lei, mi allungava qualsiasi cosa verso la bocca e mi veniva automatico aprirla.


Quando dormivamo insieme mi si avvinghiava addosso e io non chiudevo occhio. I suoi capelli mi finivano da tutte le parti e sentire tutto il suo corpo premere contro il mio mi faceva uno strano effetto.
Ancora non sapevo mi piacessero le donne.
Sì, ero un po' cerebrolesa. 
Ma meglio così, almeno non mi sono fatta strane idee, non ho sofferto, perché Roberta era etero fino al midollo. Ora ha due figli, due anni meno di me, un marito.






Poi ci è stata Giulia.
Oh dio Giulia. Quando mi si è presentata davanti per la prima volta di fronte alla galleria sotto quella che era casa mia, è stato subito amore. Forse lei un po' lo sospettava, ma non me l'ha mai fatto pesare e io non ho mai fatto discorsi strani, sono sempre stata attenta coi gesti. Dormivamo insieme sotto Filosofem, di Burzum e ancora non avevo capito che non chiudevo occhio per via dell'odore di Giulia e non per quelle note malate.
E' proprio quando si dice "la mia Giulia", alla Nuti proprio, con la cadenza fiorentina.
C'era sempre, aveva sempre le parole giuste per le mie situazioni sbagliate. E io c'ero sempre, forse anche troppo.
Una volta ha deciso di chiudere i rapporti con me e sono andata sotto casa sua ad aspettarla, lei non voleva aprire. Un disastro. Poi è scesa, in lacrime e mi ha chiesto se poteva venire al mio imminente concerto col gruppo che avevo allora.
Ci siamo abbracciate e dopo il concerto non l'ho mai più vista.
I suoi al telefono mi dicevano "Giulia non c'è" e quando provavo ad andare a casa sua mi sorridevano e dicevano "ma come, non te l'ha detto? è con Alessandro". Alessandro. Uno che lei non amava, ma che la faceva tanto ridere e che non si accorgeva di quanto falsi fossero i suoi sorrisi.
Poi lei mi confessò che con me non riusciva a fingere, la maschera felice non funzionava e la cosa le faceva paura.


Per anni mi sono sentita in colpa, ho sofferto, ho pianto e ho cantato quel pezzo per lei soltanto. Mi sono domandata perché tutti se ne andassero sempre.


Poi... ho capito che non è facile stare coi coraggiosi e probabilmente, e presuntuosamente, lo sono.


Ma comunque, la donna più importante della mia vita, almeno per quello che riguarda il lato prettamente amoroso, credo si sia legata così fortemente a me proprio perché sono così, coraggiosa, libera e perché non ho più paura di perdere nessuno.



domenica 15 luglio 2012

Estate

In questi giorni mi è passata la nostalgia delle vecchie conoscenze, delle abitudini, di quei dettagli che mi legavano a qualcuno. Non l'ho deciso io, né ho lasciato che passasse tempo. Non si possono cancellare certe cose nel giro di una settimana, ma qualcuno può sempre offuscare i ricordi belli, sbattendoti la cruda realtà in faccia e trattandoti come se non avessi mai significato niente.


Ieri mi è arrivata una telefonata con una settimana di ritardo, verso le 11 e 30 di sera. Come se io non sapessi che è perché nessun altro ti ha risposto. 
Mi piacciono le cose all'ultimo momento, i viaggi improvvisati, nottate passate a casa a rotolarsi in terra senza la paranoia di una relazione. Non è un problema se sei a casa da solo e ti viene improvvisamente voglia di me. Succede. Succede anche a me. Ma non scorro la rubrica cercando amiche disponibili, chiamo te e tu sai che in quel momento sei importante e che se mi dici di no non cercherò nessun altro.


Non sono la fottuta ruota di scorta di nessuno.
Se per te non valgo, non ho più motivo di risponderti.
Avessi chiesto la luna, ci conoscessimo da ieri. I giochetti con me significano una sola cosa di cui non mi ero mai accorta prima. Sei una testa di cazzo, ma con me sei stato gentile.


Io chiudo le porte e sto malissimo, ma non è perché mi sento offesa, è perché le delusioni mi dissanguano proprio, è come vedersi crollare i muri di casa, lì per lì non sai dove andare.


Ma forse la cosa peggiore non è passare in secondo piano con le persone a cui tieni, ma è venire giudicati. 
Perdio, mi conosci, ti conosco, sai esattamente cosa significa ogni mio gesto, perché mi punti il dito contro?




Qualche sera fa mi sono trovata in una compagnia improvvisata. Conoscevo tre persone su sette di cui due, secondo certi miei amici, assolutamente poco raccomandabili. Un giro che non ho mai frequentato, ma di cui le singole persone mi sono sempre piaciute.
Ci siamo trovati seduti su un telo in un prato e abbiamo riso un sacco, bevendo un poco, fumando un sacco di sigarette.
E c'era lui, mi piaceva, mi è sempre piaciuto, ma è una di quelle cose che non prendi mai in considerazione.
Come nei film comici con la protagonista sfigata, tra me e lui c'era sto ragazzo simpaticissimo che ci ha fatto ridere un sacco, per carità, ma mi domandavo se non dovesse andare in bagno o se non fosse stato possibile spostarmi in qualche modo.
Non c'era modo, o mi alzavo e mi andavo a sedere accanto a G. o rimanevo lì a fare la quattordicenne.
Poi ho pensato, ma che cazzo, la situazione è talmente tranquilla, io e lui palesemente ci piacciamo, nessuno qui mi giudica.
E mi sono seduta dove volevo stare, bruciando ogni frustrazione, senza destare alcun sospetto (magari adesso mi sta sputtanando mezza fb ahah ma questo è del tutto irrilevante).
E abbiamo continuato a chiacchierare, a sorridere, a fumare come se non fosse successo nulla, con un bacio a scandire la virgola tra un discorso poco interessante ed un altro.


E basta. Si va a dormire senza pensare di aver fatto la cosa sbagliata, di aver ferito qualcuno, di aver mancato l'occasione.




Io non riesco a credere che le persone che non conosco mi facciano sentire molto più a mio agio di amici, o di conoscenti che palesemente finora hanno sempre avuto da ridere su un qualche mio comportamento.
Io non riesco a concepire che K, che tutto sommato mi conosce bene e che ha un animo così sensibile, si sia rivelato uno di quei amici con cui non posso essere libera.
Sbatto la test contro il muro perché A. mi tratta come una cretina che sta ancora cercando la sua strada.


Ho trovato come essere felice e se questo significa depennare delle persone, sono disposta a farlo.


Su una cosa non ho mai dubitato e questi giorni estivi l'hanno resa ferrea. Le persone con una cattiva reputazione sono le più interessanti, hanno tante cose da raccontare e quelle che parlano male di loro sono quelle che non hanno niente in comune con me.





martedì 10 luglio 2012

Workshop glamour e anche un po' a pecora

Sapevo che non avrei resistito e che presto o tardi avrei tirato in ballo un argomento soggetto a tante, tante polemiche (soprattutto da parte della sottoscritta, vi dirò).
Ma... visto che col mio vecchio blog sono arrivata a essere minacciata di denunce per diffamazione (quando ho solo linkato blog, siti e video seguiti da una mia opinione negativa, ma non di certo casuale od offensiva), eviterò di mandarvi ai diretti interessati e vi suggerirò invece di andare su youtube e di digitare "workshop glamour/nudo/fineart/lingerie" e se il vostro cervello azionerà l'allarme "culo in vista" stuzzicando le fantasie più nascoste o forti conati di vomito, niente paura, siete capitati nel posto giusto.
Se pensate io sia arrogante, probabilmente è proprio di voi che sto parlando.
Vi prego di abbandonare immediatamente il mio blog, dopotutto... è casa mia.


Non voglio essere ipocrita, o, peggio ancora, patetica e non negherò il fatto di avervi partecipato, in qualità di modella, svariate volte. Altrimenti forse non sarei qui a dirlo, non mi permetterei di discutere una cosa che non conosco, mi limiterei al mio repertorio di espressioni disgustate.
Catherine Townsend ha provato il viagra in nome della sua rubrica del sesso su una rivista inglese.
Io ho posato nuda ai workshop.
Lei non prenderà più il viagra.
Io non poserò più nuda ai workshop. Tanto i fotografi non imparano nulla, si infrascano per bene solo per vedermi l'ano, scusate, e il mio corpo, già difficile di per sé da fotografare, non viene valorizzato (è ovvio che se mi guardi i piercing sui capezzoli e fai il simpaticone chiedendomi se mi ha fatto male farmeli, non guardi cosa cazzo stai fotografando) e io mi devo anche vedere crollare l'autostima! MA DI CHE.


Un workshop, generalmente, può rivelarsi utile, quando non supera un massimo di cinque fotografi, quando l'insegnante è davvero bravo e quando la modella è vestita.
Essendo che se le adesioni non raggiungono un numero minimo di 10 iscritti il workshop non viene attivato, il nostro organizzatore punta sulla modella un po' porno, così i fotografi che finora hanno pensato di non avere bisogno di una guida, decidono che forse è arrivato il momento di superare i loro limiti! 
C'è anche da dire che forse una modella non poserebbe mai nuda per ciascuno di loro, ma stranamente nell'ambito di un workshop sembra essere tutto ok.
Poi escono foto di merda a giro e questa piccina si va a tingere i capelli pur di non essere riconosciuta, ma va bene così. Ma poverini, stanno imparando!


Signori! Io quando studiavo fotografia scattavo fiori e mi astenevo dal pubblicarli, prima di tutto perché sono fiori e a meno che un fotografo non lavori per National Geographic o non sia un fioraio per me i fiori sul web non dovrebbero esistere, e poi perché stavo imparando e non sentivo tutto questo desiderio di far vedere quello che stessi facendo.
Quando sono migliorata ho cominciato a farmi gli autoscatti, perché non mi sembrava il caso di deturpare le modelle, ma nemmeno se avessi avuto soldi per pagarle.
TANTO MENO mi sarebbe MAI venuto in mente di accalcarmi con altre 15 persone di fronte a una con le tette di fuori, palesemente scocciata, con pose degne dei mobili Ikea e in un contesto che NON HO DECISO IO.


Lo so, lo so, mi tiro le zappate sui piedi da sola. Infatti nell'ultimo anno i miei lavori sono diminuiti del 50%, ma almeno ho mantenuto la dignità, non ho dovuto indossare completini intimi imbarazzanti (il che è il meno) e ho salvato la mia femminilità da uomini che preferiscono pagare me e far finta di non guardarmi il culo piuttosto che andare con una prostituta nella santità di un accordo SINCERO.


Ho una concezione di fotografia diversa da tutto quel marasma e se sono nuda non sono un oggetto, sono una donna che piace al fotografo, anche solo dal punto di vista artistico. Se sono nuda è perché l'artista ha deciso che vuole vedere nuda solo me e non perché ha seguito le mie disponibilità.
Se sono nuda di fronte a una decina di fotografi mi annullo o mi sento sporca, violata. E non è perché mi vergogno, non ho alcun problema a mostrare il mio corpo, ma è perché sono pudica in quel senso, è perché credo nell'intimità di uno scatto.


Come diceva Samuel L. Jackson in Black Snake Moan "certe cose con una donna vanno fatte solo nella santità del matrimonio e sotto gli occhi di Nostro Signore".
Non sono credende in quel senso, ma quelle cose dette da un bluesman hanno sempre un loro perché.







domenica 8 luglio 2012

Bacio

Sono così stanca dei giochetti degli uomini.
Sono così stanca di adottare tattiche.
Non sto parlando della seduzione e di tutte le dinamiche naturali che si creano tra i due.
Io non so se è sempre stato così, o se è un meccanismo che si è sviluppato negli anni.


Tu mi piaci. Io ti piaccio. Ci vediamo, Facciamo l'amore. Poi ognuno torna alle sue cose. Poi ci incontriamo di nuovo. Ci raccontiamo. Non dimentichiamo chi siamo, chi sono io, chi sei tu. 


E invece tu pensi che io non ti cerco, io penso che tu non mi vuoi veramente.
Se ti scrivo troppo ti vengo a noia, se arrivi in ritardo io mi insospettisco.
Sai cos'è questa roba? E' insicurezza personale. Non ci appartiene, facciamola finita. Siamo così semplici, spontanei. Perché non riesco a chiamarti quando ti voglio? Perché non posso baciarti per paura di attivare strani pensieri? 
Non voglio creare obblighi, non voglio legarti a me se non ti viene spontaneo farlo, non voglio dipendere da te.


Voglio solo baciarti, come quella sera attaccati al muro dietro casa. Queste mani incontrollabili, i capelli dappertutto, gambe che tremano, labbra passionali ma non invadenti e la lingua leggera, dolce, spensierata.


Siamo così giovani, dov'è finito tutto quanto?
Non ci possiamo piegare alla convenzione, agli ostacoli che la vita ha posto tra di noi.


E soprattutto ci conosciamo troppo bene per farci questi giochetti malvagi che solo le persone insicure e vuote si fanno.


E poi l'amore non se ne va in due giorni, di qualsiasi tipo questo sia. Forse per questo siamo ancora in qualche modo uniti. Ci intrecciamo e ci districhiamo con l'andare e il venire della Luna.
Spero solo che tu non mi deluda ancora. So che cosa rappresento per te, ma non vorrei che fosse un'opinione legata al ricordo e non al mio essere donna stimata ed apprezzata, non dagli altri, no, da te.
Non perdiamo la nostra dignità, valiamo molto.



venerdì 6 luglio 2012

Mattina

Sta albeggiando e gli uccellini sembrano impazziti.
Io sono in mutande con una luce fioca alla mia sinistra, c'è fresco e a tratti ho i brividi, ma sto bene, mi sento molto viva.
E' la mattina della grande paura, dell'insicurezza.


Io voglio andare in Canada.
Sono una che si fa un sacco di progetti, che parla... parla... parla... Un po' come il Boniz, che ti viene da dire "ma smettila". Invece parlarne mi aiuta a fare il punto della situazione, ad organizzarmi, ad esorcizzare la mia paura e forse anche un pochino a guardarmi intorno e a rendermi conto che nessuno crede in me. Fin da quando sono arrivata in Italia l'odio della gente mi ha spinto a fare cose che non avrei mai potuto fare altrimenti. L'odio è una grande carica, è un'energia incredibile, è devastante, ma se saputa incanalare è una cascata inarrestabile che si concentra in un punto. Io so solo che ci devo essere e devo lottare per emergere dal vapore, dall'acqua che brama il cielo che non potrà mai raggiungere.


Non ho mai ricambiato un odio, ma ho sempre cercato di trarre vantaggio da quello altrui. 


Sono tornata da poco e mi sono messa a leggere qualcosa qua e là sul web e ho trovato tanto di quell'acido. Ma perché? Ma chi vi credete di essere? Non sono cazzi miei, ma siete miei conoscenti, o amici, o quel che volete e se davanti ai miei occhi sputtanate chi non vi può sentire, mi domando se non facciate lo stesso con me una volta che mi volto. 
Non ho motivo di fidarmi di voi, mi fate schifo, mi viene da vomitare e mi domando solo il perché del nostro incontro. Poi guardo indietro per bene e vi vedo sfocati col dito puntato in tutte le direzioni, a tratti. Capisco allora perché sono andata avanti, non importa se ho sbagliato, ho continuato a muovermi, a cambiare, a cercare di resistere a questa palude che mi risucchiava insieme alla melma che voi stessi avete generato. Mi sono salvata, ho sofferto, sono diventata quello che sono, ma voi siete ancora lì e sarete s e m p r e lì.


La staticità è il male e tutta quella merda in cui galleggiate beatamente non è niente di dinamico. Merda è merda. Chiaro? La merda è comoda.


Perché io cerco di promuovere quello che so fare? Perché alcuni di voi sminuiscono gli sforzi altrui solo perché non sono riusciti a fare niente di meglio da poter esaltare? Ponetevi delle domande e soprattutto vedete le cose per quelle che sono, non cucite storie poco credibili sui vostri nemici. Dietro a ogni volto c'è una storia e non siete un cazzo di nessuno per giudicare e trarre conclusioni.


Non devo dimostrare niente a nessuno. Non lotto per far vedere che, nonostante tutto, ce l'ho fatta, ma solo per andare via da qui, da voi, da tutto questo.


Io parlo... parlo... ma parlo di me, non degli altri.


I miei nemici, veri, hanno tutto il mio rispetto. Non brucio di invidia quando vedo loro raggiungere tappe prestabilite, li stimo, li ammiro. Probabilmente non andremo mai d'accordo, ma non vedo perché dovrei permettermi di smerdarli, sono persone, proprio come me e posso solo prenderli come esempio, posso imparare, posso crescere.
Perché quelli che mi fanno ribrezzo non sono nemici, sono qualcosa di poco definito che vedo approdare sulla riva dopo l'alta marea, posso solo evitare di sporcarmi i piedi.


Siete ancora in tempo a salvare la vostra dignità.